[v. 43-54] |
c o m m e n t o |
181 |
schi furtivamente si sforzorno di pigliare: imperò che Marco Mallio guardiano della rocca, cogli altri Romani che v’ erano intrati, svegliato per lo grido dell’oche, svegliò gli altri e soccorse a luogo, unde montavano li Franceschi, li quali già altra volta s’erano provati d’acquistarla; ma n’erano stati mandati male accomiatati, et anco avevano provato delle sconfitte date loro dai Romani: imperò che, andati per la vettovaglia ad Ardea, nella quale città era Quinto Furio Cammillo, mandato in esilio dai Romani, furno sconfitti da lui coll’aiuto degli Ardeati e de’ Romani che erano a Veghi 1, fuggiti per la sconfitta che ebbono a Veghi e per la presura della città. Et avendo avuta questa vittoria, volseno li Romani fare Cammillo dittatore; ma Camillo, non accettato mai insino che non ebbe lo mandato da coloro che tenevano 2 la terra, et avuta l’autorità, venne ad abitare a Veghi colli altri Romani, e misse in concio l’essercito. In quello mezzo, essendo assediata la rocca dai Franceschi e non avendovi di che vivere, vennono a patto li Romani coi Franceschi ch’elli si dovessono partire dando loro mille libbre d’oro: e pesandosi l’oro, essendo mossa questione da uno dei Franceschi che schernia li Romani, dicendo che ’l peso non era buono, ponendo lo coltello in sul peso, in quel mezzo venne una voce gridando che lo patto non valeva, che era fatto senza voluntà del dittatore. E questa voce venne da Camillo, che venne a soccorrere la rocca e parlò con Brenno e dissegli che s’apparecchiasse a battaglia: che lo patto, fatto per li minori officiali senza la voluntà dei maggiori, non vale; et allora combattettono in Roma, e furno sconfitti li Franceschi e cacciati infine ad otto milia fuori della città per la via gabinia, e quine furno sconfitti da capo 3, sicchè non ne rimase pur uno che portasse la novella. E così ben finge l’autore che quello spirito li dicesse: Tu sai quello che fece la insegna de l’aquila, che portò Cammillo contra Brenno duce de’ Senoni, ricoverando l’onore della sua patria essendone sbandito, e contra Pirro; questo Pirro fu re delli Epiroti che sono popoli di Grecia che abitavano in Epiro, la quale contrada è vicina a la Calavria dove è Taranto 4. Et essendo li Tarentini fatti inimici dei Romani per iniuria che aveano fatto ai Romani: imperò che, ne l’anno 464, ab Urbe condita, passando le galee dei Romani a Taranto, li Tarentini mandorno a pigliarle et ucciseno tutti li ufficiali e li utili a combattere, e gli altri per servi vendettono, solamente quattro galee camporno che fuggitteno; e mandato li ambasciadori li Romani ai Tarentini, furno scherniti da’ Tarentini,
- ↑ Veghi; Veio, Veiento, città d’ Etruria, oggi Isola Farnese. E.
- ↑ C. M. tenevano la rocca di Roma ; et avuto da loro lo mandato, venne
- ↑ C. M. da capo, e morti e presi sicchè
- ↑ C. M. Taranto, essendo lo maro in mezzo. Et essendo