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p a r a d i s o vi. |
[v. 34-42] |
ducento; elli mosse guerra ai Gabi e con fraude et inganno li vinse, facendo vista d’avere cacciato Sesto suo figliuolo; et elli itosene a stare co’ ninnici del padre, movea e facea maggior guerra al padre che i Gabinesi: et acquistato più vittorie, perchè il padre si lassava sconfiggere, all’ultimo fu fatto signore dai Gabinesi, et allora mandò uno suo messo al padre Sesto, notificandoli come ogni cosa era nelle sue mani, e che li mandasse a dire quello che voleva che facesse. Et allora lo re Tarquino, non fidandosi forse del messo, non gli diede risposta; ma andatosene nel giardino andando qua e là, con una verga in mano come chi va spaziando, percotea colla verga tutti li più alti papardi 1 che vedeva ne l’orto, e faceva loro piegare lo collo. Lo messo li andava di rieto aspettando la risposta che dovesse portare a Sesto; e solicitando d’averla, vedendo che ’l re non li facea motto, credendo che per corruccio et isdegno non volesse rispondere al figliuolo, andossene; e ritornato a Sesto, disse che’l padre corrucciato contra di lui non gli avea voluto rispondere. Dimandò Sesto del modo che avea tenuto; uditolo, lo intese subitamente et incominciò a trovare cagione contra li grandi de la città, e quale decapitava e quale mandava a confine, e così privò, dispolliò la città di tutti buoni cittadini intanto che, avuta tutta la città nelle mani, non essendo chi contradicesse, la diede al padre. Avuto Gabi, fece patto coi Toscani, e pace colli Equi. Et intese all’opere della pace; cioè a l’edificare, e fece nella rocca lo tempio di Iove, lo quale lo padre Tarquinio Prisco avea promesso, per lassare del padre e di sè memoria. Et acciò che nella rocca non fusse altro tempio che quel di Iove, fece alli auguri dimandare li dii che aveano li tempi ne la rocca, se si volevano partire e lassare libera la rocca a Iove; tutti rispuoseno secondo l’augurio de li uccelli che sì, salvo che ’l tempio del Termine, nel quale li uccelli niente dissono. Unde tutti compreseno che lo dio Termine non si voleva mutare della rocca; ma li altri sì, e di quinci presono augurio che lo imperio dei Romani dovea durare in perpetuo: imperò che lo dio era stato immutabile, che era sengno che lo termine dello imperio non si dovea mutare. Ancora facendo fare lo tempio ad Iove, cavando lo fondamento fu trovato uno capo umano intero, e di quinci presono li auguri augurio che lo imperio di Roma dovea essere capo del mondo, e però fu chiamato poi lo luogo Capitolio del capo umano. Fece fare li sedili alti di legname nel cerchio dove stesse 2 lo popolo e li Padri a li spettaculi; fece fare uno ricettaculo di tutte l’acque e brutture di Roma che portava ogni cosa nel fiume, e di quinde in
- ↑ Papardi; papaveri E.
- ↑ C. M. stesse lo papa e li padri a