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p a r a d i s o vi. |
[v. 34-42] |
tutti uno, facciamo che tre di voi combattino con tre di noi, e quelli che vinciono, acquistino et abbino la signoria a la sua citta d’amendue le città. Piacque questo patto a Tulio, e furno eletti da la parte dei Romani tre fratelli che furno Orazi, et altri fratelli furno eletti dalla parte delli Albani che si chiamavano Curiazi che erano fatti nuovamente parenti delli Orazi: imperò che li Orazi aveano promessa una loro sirocchia chiamata Orazia ad uno dei Curiazi. E venuti a la battaglia, nel primo assallimento furono feriti tutti e tre li Curiazi, e feriti e morti due delli Orazi; unde lo terzo pensò: Costoro sono fediti 1, lassamogli straccare col corso, e serò vincitore; e come pensò così fece. Diedesi a correre, e li Curiazi incominciorno a seguitare, e non potendo correre troppo per le ferite, seguitavano disequalmente Orazio; unde volto a drieto, Orazio torna in verso Curiazio che gli era più presso, e dalli uno colpo et ucciselo; e volgesi all’altro che veniva per soccorrere lo primo, e dalli uno colpo ancora et ucciselo. Lo terzo, sbigottito et addolorato per la morte dei fratelli et indebilito per la ferita, venuto alle mani con Orazio che era rinvigorito per la vittoria dei due, ancora fu morto da lui. Et allora rimase lo reggimento d’Alba al re dei Romani, e per questo dice lo testo: e fine al fine; cioè et infine a quello punto fece sua dimora l’aquila in Alba: imperò che v’erano singnori quelli che erano discesi da Ascanio figliuolo d’Enea e di Creusa troiana, che teneano la insengna dell’aquila, Che’ tre; cioè Curiazi, che furno da Alba, e tre; cioè Orazi, che furno di Roma, pugnar; cioè combattettono insieme, come è stato detto di sopra, per lui; cioè per la insengna dell’aquila che singnifica la singnoria dello imperio: imperò che 2 li Albanesi volevano la singnoria del tutto e li Romani similmente; et alla fine l’ebbono li Romani, come appare per la storia detta di sopra, come recita Livio nel primo libro della prima decade, ancora; dice per affermare, cioè come Pallante morì per dare regno alla insegna dell’aquila; così combattettono tre e tre fratelli per dare rengno a la detta insegna. E sai; cioè tu, Dante, che l’ài letto in Livio, che fe; cioè quello che fece la detta insengna dell’aquila che venne ai Romani, come detto è, dal mal de le Sabine; qui aggiunge una altra istoria, che è anco in Livio nel predetto luogo. Dice Livio che, poichè Romulo ebbe fatto la città di Roma in brieve tempo, e ripiena d’uomini, perchè avea fatto luogo lo quale chiamavasi asilo; e fatto publicamente bandire che chiunqua fuggisse a quello luogo, avesse fatto ciò che si volesse, fusse siguro; per la qual cosa grande moltitudine in breve
- ↑ Fediti; feriti, mutato l’r in d come in armadio, armario; chiede, chiere ec. E.
- ↑ C. M. imperò che la signoria de li Albani volea occupare lo tutto