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fussi attento; cioè lussi dato all’opera detta di sopra, Una natura; cioè solamente la divina e non l’umana, come credevano certi eretici che dicevano che Iddio non può sostenere pena, e che la passione sostenne uno corpo fantastico che pareva corpo e non era; e però dice: in Cristo; nostro Salvadore, figliuolo d’Iddio vivo e vero, Iddio e omo, esser non piue 1; cioè che una natura, Credea; cioè io Iustiniano, e di tal fede; quale detta è, era contento; cioè io Iustiniano, parendomi che fusse vero considerando la ragione detta di sopra, non accorgendomi della verità; cioè che in Cristo funno due nature, cioè divina et umana: umana natura sostenne pena nella passione, e la divina si ritrasse in sè non partendosi però da l’umanità, siccome dimostrò elli in sulla croce quando gridò: Deus meus, Deus meus, ut quid dereliquisti me? — Ma ’l benedetto Agabito, che fue Sommo pastore; questo Agabito fu papa al tempo di Iustiniano e tenne lo papato mesi 11, dopo papa Giovanni che il tenne due anni, passato già de lo imperio di Iustiniano anni 38 e mesi 7, a la Fede sincera; cioè pura senza turbazione d’eresia, Mi dirizzò; cioè dirizzò me Iustiniano, colle parole sue; cioè col suo ammaestramento. Io; cioè Iustiniano, li credetti; cioè a papa Agabito, e ciò che ’n sua fede era; cioè del detto papa Agabito, Veggio ora chiaro; cioè essere vero chiaramente, sì, come tu vedi; cioè tu, Dante; ecco che arreca la similitudine, Ch’ogni contradizion è falsa e vera; diceno li Dialettici che, se l’una delle proposizioni contradittorie è vera, l’altra è falsa; e se l’una è falsa, l’altra è vera: imperò che non possono essere insieme amendune vere, nè amendune false; e pongnano questo esemplo: Ongni uomo corre; questa è contradittoria a questa: Alcuno omo non corre. Se la prima è vera conviene la seconda essere falsa; e se la prima fusse falsa, non sarebbe se non perchè la seconda sarebbe vera. E così da qualunqua parte si ponesse la verità, dall’altra converrebbe essere la falsità, come può vedere chi ciò dirittamente penserà.

C. VI — v. 22-33. In questi quattro ternari lo nostro autore finge come Iustiniano, continuando lo suo parlare, discende a dire dei grandi fatti che furno fatti nel passato per l’imperadori passati inanti, dicendo così: Tosto; cioè altresì tosto, che colla Chiesa; cioè colla Chiesa catolica, romana, mossi i piedi; cioè le mie affezioni, cioè ch’io credetti quello che crede la santa Chiesa, A Dio; dal quale viene ongni grazia, piacque per grazia; cioè preveniente che mi misse in cuore di fare la correzione delle leggi, per la quale io addimandai la grazia illuminante e cooperante, d’ispirarmi; cioè di mettermi in cuore, L’alto lavoro; cioè la correzione delle leggi, che

  1. Piue; più, aggiuntovi l’ e, perchè la voce si riposi. E.