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133Quattro figlie ebbe, e ciascuna regina1
     Ramondo Berlingieri, e ciò li fece2
     Romeo persona umile e peregrina.3
136E poi lui mosser le parole biece
     A dimandar ragione a questo iusto,
     Che li assegnò sette e cinque per diece.
139Indi partissi pover e vetusto ;4
     E se ’l mondo sapesse il cuor ch’ egli ebbe,
     Mendicando sua vita a frusto a frusto,
142Assai lo loda, e più lo loderebbe.

  1. v. 133. C. A. Sette figlie
  2. v. 134. C. A. Berlinghieri,
  3. v. 135. C. A. pellegrina.
  4. v. 139. C. A. Partissi quindi povero

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C O M M E N T O


Poscia che Costantin l’aquila volse ec. Questo è lo canto sesto della terzia cantica, nel quale lo nostro autore usò una bella 1 poesia: imperò che è indutto a parlare di sopra Iustiniano imperadore. Finge che, continuando ora lo suo parlare, li dicesse quasi ogni cosa notabile che si trova scritta appresso Livio nelle sue tre decade che rimasono delle quattordici e quasi mezza, che esso Tito Livio scrisse dei fatti dei Romani, de l’edificamento di Roma infine ai suoi tempi. E però questo canto si dividerà prima in due parti secondo lo modo usato: imperò che prima finge che lo detto beato spirito, incominciando lo suo parlare dell’andata di Costantino imperadore, che dotò la Chiesa, a Costantinopoli infine a sè, dice di sè e manifesta la sua condizione; e poi, incominciando delle 2 battaglie d’Enea con Turno, tocca quel che feceno li Romani infino al secondo imperadore, che fu Ottaviano dopo Cesari, ogni cosa notabile che Cesari fece toccando spezialmente 3 che fu innanti a tutti l’imperadori lo primo che occupò lo imperio. Nella seconda parte finge che dicesse quello che fece lo secondo imperadore, cioè Ottaviano, e poi lo terzo, cioè Tiberio; et oltra a ciò li dice delle condizioni di quelli spiriti beati che si rappresentano nella spera di Mercurio, et incominciasi quine: Di quel che fe ec. La prima, che serà la prima lezione, si

  1. C. M. bella fizione: imperò
  2. C. M. dalle
  3. C. M. quel che fu