106E nolL’ abbatta esto Carlo novello
Coi guelfi suoi; ma tema de li artilli
Che a più alto leon trasser lo vello.
109Spesse fiate già pianser li filli1
Per la colpa del padre, e non si creda2
Che Dio trasmuti l’ arme per suoi gilli.
112Questa picciola stella si correda
Di buoni spirti che son stati attivi,
Per che onor e fama li succeda.
115E quando li disiri poggian quivi
Sì disiando, pur convien che i raggi3
Del vero amore insù poggin men vivi.
118Ma nel commensurar dei nostri gaggi4
Col merto è parte di nostra letizia,
Perchè nolli vedian minor, nè maggi.5 6 7
121Quinci adolesce la viva iustizia8
In noi l’ affetto sì, che non si puote
Torcer giammai ad alcuna nequizia.
124Diverse voci fanno dolci note;
Così diversi scanni in nostra vita
Renden dolce armonia tra queste rote.
127E dentro alla presente margarita
Luce la luce di Romeo, di cui
Fu l’ opra grande e bella e mal gradita.
130Ma i Provenzai, che fecer contra lui,9
Non n’ ànno riso; e però mal cammina10
Qual si fa danno del ben fare altrui.11
- ↑ v. 109. C. A. Molte fiate
- ↑ v. 110. C. A. dei padri,
- ↑ v. 116. C. A. Sì disviando,
- ↑ v. 118. Gaggio; dal provenzale gatge, adoperato da Giraldo di Bornello, e vale mercede, premio. E.
- ↑ v. 120. C. A. non li vedèm
- ↑ v. 120. Vedian; prima persona plurale, con buon successo terminata coll’n perchè seguitata da un m. E.
- ↑ v. 120. Maggi; maggiori, dal singolare maggio che tuttora s’ accoppia ad alcuni sustantivi, come Rio Maggio, Via Maggio. E.
- ↑ v. 121. C. A. addolcisce
- ↑ v. 130. C. A. Provenzali, che fer
- ↑ v. 131. C. A. Non ànno
- ↑ v. 132. C. A. Chi a sè fa danno per ben