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c a n t o   vi. 153   

49Elli atterrò l’ orgollio degli Arabi,
     Che dirieto ad Annibaie passaro
     L’ alpestre rocche, di che, Po, tu labi.1
52Sottesso iovanetti triunfaro
     Scipione e Pompeio; et a quel colle,
     Sotto ’l qual tu nascesti, parve amaro.
55Poi presso al tempo che tutto ’l Ciel volle
     Ridur lo mondo a suo modo sereno,
     Cesari per voler di Roma il tolle;
58E quel che fe da Varo infine a Reno,2
     Isara vidde e Arar e vidde Senna,
     Et ogni valle onde ’l Rodono è pieno,
61Quel che fe poi ch’ elli uscì di Ravenna,
     E saltò Rubicon, fu di tal volo,
     Che nol seguiterea lingua, nè penna.3
64Inver la Spagna rivolse lo stolo,
     Poi ver Durasso, e Farsalia percosse
     Sì, ch’ al Nil caldo si sentì del dolo.
67Antandro e Simoenta, unde si mosse,
     Rividde, e là ove Ettore si cuba,
     E mal per Tolomeo possa si scosse.4
70Inde discese folgorando ad Iuba,5
     Poi si rivolse nel nostro occidente,6
     Ov’ ei sentì la pompeiana tuba.
73Di quel che fe col baiulo seguente,7
     Bruto con Cassio ne l’ inferno latra,
     E Modona e Perogia fu dolente.8

  1. v. 51. C. A. Po, di che tu labi.
  2. v. 58. C. A. infino al Reno,
  3. v. 63. C. A. seguiteria
  4. v. 69. C. A. poscia
  5. v. 70. C A. Da onde scese
  6. v. 71. C. A. Onde si volse
  7. v. 73. C. A. E quel
  8. v. 75. C. A. e Perugia