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140 | p a r a d i s o v. | [v. 55-72] |
cambiasse, come saper dei; cioè tu, Dante, che ài studiata la Bibbia, sì come appare nel libro che si chiama Levitico. L’altra; cioè cosa che; cioè la quale, per materia t’è aperta; cioè per materia è manifestata a te Dante, Puote ben esser tal; cioè sì fatta, che non si falla, cioè che non si pecchi, Se con altra materia si converta; cioè si cambi e permuti: siccome se l’omo arà promesso di dare alla Chiesa sua la casa sua, potrà dare con licenzia e con autorità del sacerdote lo pregio ch’ella vale; ma se l’uomo arà promesso obedienzia al suo prelato e la sua conversazione nel monasterio mentre ch’elli viverà che cosa potrà dare costui che sia equivalente? Certamente, nulla. E però in questo così fatto voto, secondo che l’autore finge che disse Beatrice, non vale la permutazione della materia; e però chi è così dispensato non è assoluto dal voto; ma è mandato dal papa a più stretta religione ad osservare quello medesimo. E però se non vi sta è tenuto alla pena, benchè allo stremo sia assoluto dalla colpa; ma secondo che dimostra questa ragione ben si può dispensare sopra a ciò, cioè Iddio a cui è fatta la promissione la può annullare; dunqua lo papa, che è suo vicario, la può annullare, quia papa potest omnia, clave non errante, adunqua pare che lo papa possa sopra ciò dispensare; ma come appare nella sequente parte l’autore nostro tiene pur che non si possa permutare, e finge che siano parole di Beatrice, che nol direbbono se non tenessono così li Teologi. E però chi nollo osserva lo voto da lui fatto come si dè, che non si possa permutare, cade in peccato mortale, e non ne può essere assoluto se non all’ultimo della sua vita se già lo papa non lo dispensasse; cioè annullasse, che nol farebbe senza grandissima cagione, cioè che ne seguitasse uno maggior bene.
C. V— v. 55-72. In questi sei ternari lo nostro autore finge come Beatrice dopo la dichiaragione fatta di sopra; se ’l papa può dispensare sopra ogni voto, subiunse la sua monizione intorno alla trasmutazione de’voti, e subiunse poi una riprensione delli stolti et iniusti voti manifestata con due esempli; uno della santa Scrittura, et uno dei Poeti, dicendo così: Ma non trasmuti carco; cioè carico, alla sua spalla; parla per similitudine: chè chi fa lo voto è simile a colui che si pone lo carico in sulla spalla: e come non sarebbe licito a chi promettesse di portare uno peso in su la spalla di 400 libbre d’arrecarlo a meno; così non è licito a chi fa lo voto, Per suo arbitrio; cioè per sua propria voluntà, alcun; cioè che faccia lo voto, senza la volta E de la chiave bianca e de la gialla; cioè senza assoluzione del sacerdote che sia tale, che sappia e possa assolvere. Di queste due chiave fu detto nella seconda cantica nel canto ix; e però se lo lettore lo vuole sapere, ritrovilo quine. Et ogni permutanzia credi stolta; eziandio che fusse fatta colla autorità del