136 |
p a r a d i s o v. |
[v. 19-33] |
arbitrio: imperò che alla ragione sta arbitrare e discernere quello che si dè volere e non, et alla voluntà sta di volere o non volere; e pertanto si dice libero. E per queste due cose si dice l’omo fatto a similitudine e imagine di Dio, cioè per la ragione e voluntà: e per la terzia cosa, cioè per la memoria la quale si presuppone, posta la ragione e la voluntà: imperò che nè la ragione, nè la voluntà potrebbono fare lo suo atto, se non precedesse la memoria: imperò che lo presente è uno istante indivisibile, per che si coniunge lo preterito col futuro. Le quali tre cose Iddio à dato solamente alla natura angelica et umana; per le quali tre cose queste due nature avansano tutte l’altre nature create; e però, poi che per queste tre cose s’approssimano a Dio più che tutte l’altre creature et 1 avanzano tutte l’altre creature, seguita che questo dono sia lo maggiore che Iddio 2 facesse in tutta la natura creata, cioè la libertà dello arbitrio, la quale è radicalmente e casualmente nella ragione, e formalmente 3 e centralmente ne la voluntà. E questo dono diede Iddio per sua liberalità alle dette nature, quando le creò, oltra lo dono dell’essere che diede a loro e all’altre creature per sua largezza: imperò che dalla sua infinita bontà procede di creare la creatura e darli lo dono dell’essere, e conservala in quello essere, et oltra l’essere dare alle dette due nature sì fatto dono, per lo quale simigliassono a lui et avanzasseno l’altre creature. Lo secondo che è da considerare si è perchè disse: e alla sua bontate Più conformato; e questo dice per tanto che nessuno dono dato alle creature risponde più alla bontà d’Iddio che lo libero arbitrio, per lo qual l’omo meritevilmente si potesse salvare e potesse risorgere colla grazia sua, come abandonato da quella potea cadere. Lo terzio che è da considerare, è quando dice: e quel che più apprezza; e questo è manifesto per quel che è detto di sopra: imperò che, se lo libero arbitrio è lo maggior dono come appare nella prima parte, e lo milliore che Iddio desse alla creatura, come appare nella seconda, seguita questa terza; cioè che esso sia quel dono che Iddio più accetti che nessuno altro, siccome maggiore e milliore; e però quando l’omo fae voto a Dio, che sia accettivile da Dio 4, l’uomo obliga la sua voluntà libera a Dio; la qual cosa Iddio accetta più che altra cosa; e però dice s. Agustino: Nemo quicquam Deo recte voveret, nisi ab eo acciperet quod voveret: imperò che Iddio non accetta se non li doni buoni, e Via più accetta li maggiori e li milliori doni; e però dice lo testo: Or ti parrà; cioè a te Dante, L’alto valor del voto; cioè della promissione che si fa a Dio, se tu quinci argomenti; cioè dalla ragione
- ↑ C. M. et in questo avanzano
- ↑ C. M. che Dio concedesse a tutta la creatura ; cioè
- ↑ C. M. formalmente et essenzialmente nella volontà.
- ↑ C. M. da lui,