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132 | p a r a d i s o v. | [v. 1-18] |
trice adiunse la sua ammonizione alli omini che non siano leggeri a farli li 1 voti, et induce alcuno esemplo, et incominciasi quine: Ma non trasmuti ec.; nella sesta parte finge come Beatrice, continuando la sua esortazione, ammonisce li cristiani che seguitino la dottrina della Chiesa intorno ai voti et alla loro permutazione, et incominciasi quine: Siate, cristiani, ec. Divisa la lezione, ora è da vedere lo testo colla esposizione litterale e colla allegorica e morale.
C. V— v. 1-18. In questi sei ternari lo nostro autore finge come Beatrice l’incominciò a parlare, prima dichiarando la cagione per che più ora risplendeva che quando era in terra, et a l’ultimo proponendo lo dubbio che era mosso di sopra e che di sotto si dè dichiarare, dicendo così: S’io; cioè se io Beatrice, ti fiammeggio; cioè ardo et ardente ti paio, nel caldo d’amore; cioè nel calore dell’amore divino, Di là dal modo; cioè oltra lo modo, che ’n terra si vede; cioè giù nel mondo, Sì; cioè per sì fatto modo, che vinco ’l valore; cioè la potenzia visiva, delli occhi tuoi; cioè sì che li occhi tuoi non mi possano sostenere, Non ti meravilliar; cioè tu, Dante: quel che le parole significhino secondo la lettera infine a qui detto è; ma ora si dè mostrare che intese l’autore sotto questa lettera, che pensare si dè che l’autore non sallitte in cielo se non colla mente. E però debbiamo intendere che l’autore volse dimostrare che una volta vidde Beatrice, cioè la sapienzia, cioè la santa Scrittura in terra, cioè quando elli era garzone e poco intelletto avea, meno splendente che ora: imperò che terreno, ancora non avea intelletto che adiungiesse 2 a considerare l’ardente intelletto e litterale et allegorico che è 3 nella sapienzia, nè l’ardente carità che ebbe la ragione e lo intelletto di coloro che ànno composto li suoi testi. Ma ora ch’elli avea tanto inalzato lo ingegno, che era già levato a considerare la influenzia de la Luna e la virtù di quelli beati che sono ripresentati quine secondo la sua fizione, vedea l’ardentissimo amore che fu nella ragione e nello intelletto di quelli santi dottori che ànno scritto la santa Teologia, e l’ardente intelletto litterale et allegorico in essa tanto eccessivo dal modo della puerizia, che li occhi suoi; cioè la ragione sua e lo intelletto, non erano sofficenti a ciò comprendere, com’è dimostrato di sopra, quando disse che la sua virtù visiva diede luogo e voltò le reni. Et assegna la cagione, per che non si dè meravigliare di questo, che ciò procede; cioè quello che detto è, cioè ch’io risplenda più nella carità ora, che quando tu eri garzone, Da perfetto veder; cioè questa è la cagione, che tu ài perfetto vedere ora, che non avei allora: lo vedere s’intende qui intellettivo, e come lo vedere corporale vede mellio le sottilliezze de’ lineamenti quando è per-