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da lei devotissimamente nella impresa et incominciata opera impetrando che mi conceda di riducerla 1 a perfezione, se dè essere lo meglio. Alla quale se sodisfarà lo mio piccolo intelletto e lo spazio della vita misera prestato, grazie se ne rendano al donatore di tutte tre, dal quale questo bene come tutti li altri, serà proceduto; se altramente fusse, abbiano così li lettori, come li auditori, escusata la mia pura e buona intenzione.
La gloria di Colui che tulio move ec. Imperò che nella prima cantica io ò detto nel suo principio quello che comunemente si suole dire ne’ princìpi de’ rimatori dai loro espositori; cioè l’esposizioni delle cagioni che si richiedono alla notizia del poema 2, e là dove la protestazione la quale senza replicare nel principio di questa terza cantica rafermo, venendo ora a la materia di questa terza cantica che vulgarmente si chiama Paradiso, debiamo sapere che l’autore nostro in essa tratta dell’ascendimento che dè fare l’anima contemplativa, venuta alle virtù de l’animo purgato, suso all’eterna beatitudine, sagliendo col 3 pensieri di cielo in cielo, in fine a tanto che venga al sommo cielo empireo, ve la devota mente 4 contemplativa trova Iddio principio e fine di tutta la natura, fingendo secondo la lettera sè corporalmente questo montamento avere fatto, lo quale veramente secondo l’allegoria fece collo studio della santa Teologia e colla mente contemplativa, figurando secondo le fizioni poetiche li luoghi e l’anime sante e beate rappresentate nei luoghi alle loro virtù convenienti da lui trovate, lodando la loro vita, e li loro meriti dimostrando et incitando sempre li lettori et auditori a le virtù e ritraendoli dai vizi,