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124 | p a r a d i s o i v. | [v. 133-142] |
nel vero, come si posa la fiera nella sua tana: lustra è la tana della fiera, Tosto; cioè altresì tosto, che iunto l’ a; cioè lo vero et iunger pollo; cioè lo nostro intelletto può iungere lo vero, Se non ciascun disio; cioè se non potesse lo intelletto umano iungere lo vero, ciascuno nostro desiderio che noi abbiamo di comprenderlo serebbe frustra; cioè sarebbe in vano, anco tutti li umani desidèri sono vani, se none lo desiderio d’avere Iddio. Nasce per quello; cioè per lo desiderio, lo quale l’omo à del vero, a guisa di rampollo; cioè a modo di pollone, che nasce a piè della pianta, A piè del vero il dubbio 1; cioè così lo dubbio nasce a piè del vero per lo desiderio che l’omo à di iungerlo, pensando come può essere questo o così, o così; e per questo modo si levano li dubbi, come si levano li polloni a piè della pianta, et è Natura; cioè è dato a l’omo per natura che mai non stia contento, infine che non è iunto a suprema verità che è Iddio; e però dice: Ch’al sommo; cioè la qual natura al sommo vero, pinge noi; cioè noi uomini spinge insuso, di collo in collo; cioè dall’una altezza della verità nell’altra più alta, infine a tanto che si viene a Dio, come chi va su per lo monte tanto sallie di colle in colle, ch’elli viene al supremo del monte.
C. IV — v. 133-142. In questi tre ternari et uno versetto lo nostro autore finge come, di po’ lo parlare sopra detto, elli conchiuse che per quello era indutto a muovere un altro dubbio a Beatrice; e quello mosse, cioè se al voto manco si può sodisfare con altro; al quale dubbio Beatrice risponderà nel canto che seguiterà. Dice ora così: Questo; cioè che a noi è dato da natura di sapere la verità, m’invita; cioè me Dante, questo; cioè che è detto, mi sigura; cioè rende me siguro, donna; cioè o donna, a dimandarvi; cioè a dimandare voi, cioè Beatrice, cioè sapienzia creata da Dio, Con riverenzia; cioè riverentemente, D’un’altra verità; oltra a quelle che sono dichiarate di sopra, che; cioè la quale, m’è oscura; cioè è oscura a me Dante quella verità. Io vo saper; ecco che move lo dubbio, dicendo: Io Dante vollio sapere da voi, se l’om può sodisfarvi; cioè alla corte divina, Ai voti manchi; cioè ai voti che non sono adimpiuti, nè osservati, sì con altri beni; cioè che quelli che sono promessi, Ch’a la vostra statera; cioè alla vostra iustizia del foro divino, non sian parvi; cioè non siano piccoli e none equivalenti. Proposto lo dubbio, dichiara l’autore come Beatrice ragguardò lui sì con li occhi focosi d’amore, che Dante non potò sostenere lo suo sguardo, dicendo: Beatrice; cioè la santa Scrittura e la sapienzia che era la mia guida,
- ↑ Riflette qui il Gioberti che tale dubbio è naturale, non è quello di Cartesio: è un dubbio riflessivo, scientifico, condizionato. Questo dubbio è tanto utile, quanto l’ altro dannoso: deriva dal non aver noi il pieno possedimento del vero: perocchè se l’avessimo, non saremmo mortali. E.