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LODI DATE AU/uMIL TA' DAL SUPERBO POETA. LXV in quel titolo, come frutto nel fiore, tutte le lodi fossero contenute, quasi per farla più prossima alla luce di quella che fu Umile ed alta phl che creatura. Ed egli, l'anima sdegnosa, si diletta di rigLuardare le imagini che gli par- lano al cuore umiltà, e si discosta un po' da Virgilio, la scienza profana, per meglio contemplarle. Uscito appena d'inferno, come ghirlanda di speranza, gli si cinge alla fronte l'umile pianta del pieghevole giunco, della nuale si cingono tutte le anime che vanno a farsi degne di salire alle stelle. Virgilio con parole e con mani e con cenni Rive- renti gli fé le gambe e il ciglio dinnanzi a Catone; e vuol dire che, come a fanciullo si fa, lo mette ginocchioni e gli china la testa. E Dante, l'austero Priore della repubblica fiorentina, per tutto il ragionare che fanno Catone e Vir- gilio, se ne sta ginocchioni capo chino; e, sparito il vec- chio, senza parlare si leva, e come fanciullo porge il viso al maestro, che gliene terga con la recente rugiada. Simil- mente Sordello, anima altera e disdegnosa, s'inchina con affettuosa ammirazione a Virgilio, Ed abbracciollo ove il minor s'appiglia; e non gli domanda del suo venire, che prima non dica: S' io son d'udir le tue parole degno. Vir- gilio stesso, tuttoché turbato da un doloroso pensiero, dà retta all'avviso di Dante, e lo guarda, ma senza adontarne, e con libero j[)igUo risponde che va per chiedere di quel ch'egli ignora. Il Poeta, che pure si gloria della nobiltà del suo sangue, vuol che si pensi alla terra, comune madre; e riprende i patrizii arroganti, ed insegna: Rade volte risurge per li rami L'umana probitate. 11 Poeta, che TÌs^ondie umilmente a re Manfredi, aricorchè reo di peccati orribili, rammenta, con amore la bontà di Traiano che ascoltò le querele della vedovella accorata, e le rispose: Conviene che io solva il mio dovere. E il lamento risoluto della donna, e la rispo- sta dimessa del principe, si fanno in mezzo alla calca di cavalieri e sotto le insegne dell'aquile mosse dal vento; come per dim.ostrare che l'ubbidienza dagl'imperanti pre- stata ai sudditi non deturpa, anzi fregia, ìa maestà dell' im- ?ero. Perchè siccome l'umiltà, al dir di Dante, Ad aprir 'alto amor volse la chiave, e fu mezzo a recar sulla ter- ra La verità che tanto ci sublima; così quelli de' superbi egli chiama ritrosi passi, e che senza l'alimento del cielo A retro va chi più di gir s' affanna. Le due sentenze, l'u- na non lontana dall'altra, dimostrano chiaro, come al Fio- rentino tremendo l'umiltà fosse motore unico di quel che ora noi chiamiamo progresso. Il che, quanto s'accordi con le opinioni e col sentire di certi politici d'oggidì, lascio al secolo giudicare. Dantf. . e