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XLl ANCORA DELL' AMORE DI DANTE. Quanto d'intellettuale fosse nell'amore di Dante, tutti i luoo:hi dove di lei parla vel dicono: e se prova ne volete ben chiara, vedete là dov'egii narra la morte di lei, se- guita il di nono d'ottobre; e, a questo proposito, si mette a ragionare del numero nove, numero a Beatrir-e amico, perchè i cieli son nove, e tutti nella generazione di lei ave- vano di concordia operato; perchè tre via tre fa nove: e il tre non è altro che Padre, Figliuolo e Spirito Santo. « Beatrice dunque era un nove, cioè un miracolo, la cui ra- dice è solamente la mirabile Trinità. » In tali arzigogoli il cuore non ha, per vero, gran parte: e ben die- il Poeta stesso, che dalla mente a lui moveva talvolta l'ispirazione dell'amore; e nello spirito dell' anata donna già morta e' non vedeva che un nobtle intdletto, (Questo giova notare; per- chè nessuna letteratura, io ere lo. può mostrare un amore di si nuova maniera, di tanto caldi sentimenti e di tanto astrusi concetti. E nessuna letteratura può mostrarne altro dove a tanta serenità d'ima^ini sia congiunta tanta mestizia e tanta om- bra di morte. L'amor di quest'uomo è simile a cenobita penitente che si tiene continuo dinnanzi agli occhi la vista d'un teschio ignudo. Ogni pensiero all'aspetto di lei, non si dilemma, ma muore; il viso tramortisce; morta è la vi- sta Degli occhi ch'hanno di lor morte voglia. — E per r ebrietà del gran timore Le pietre par che gridin: Muoia, muoia. Ma quello che meirlio d'ogni altra cosi fa riconoscere nell'amante il cantore della gente morta, e nelle significa- zioni del suo affetto un preludio dell'Inferno, è la fantasia che gli viene quand'egli si crede morire, e imagina morta la donna sua. La qual fantasia egli racconta di nuovo in