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344 INFEPINO Meglio che la similitudine tolta dal contagio dell' isola d' Eglna, è quella degli spedali e delle Infer- mila di Maremma e di Sardegna, isola che lo '.taiulo non ha, pare, ancora linsanicata Le due compa- razioni di chi si arrapina a striglia- re la bestia o perchè il parlrone ha fretta, o perchè vorrebb' esso dor- mire, e arrabbia della servile opera cont'O il cavaliere e contro la be- stia e contro sé ; son dedotte da os- servazioni dolorose sul disprezzato dolore della povera gente Non meno singolari e elìloaci le comparazioni delle teglie, l'una accostata all'al- tra, perchè si scaldino insieme e ri- sparmino il fuoco, cogli ammalati che, l'uno sull'altro, ribollono; e della scabb'a che, grattata, vien via come scaglie di pesce ; e le locu- zioni d^lle ugne che mordono', e delle dita che la carne marcia strìn- gono e strappano come tanaglie. La pittura dei falsatori ammucchiati e fradici è scoltura : né a molti è dato ritrarre in forme tanto vive la mor- te. L'invito di Dame, che comincia Se la vostra memoria..., e che si stenle per due terzine e altri luo- ghi di questOv e d' altri canti, pro- vano che la precisione in lui non è sempre concisione artifiziata, che qualche sovrabbondanza si può anco in esso notare. La spensierata prodigalità di po- chi Senesi gli é pretesto a avven- tarsi contro Siena tutta ; della quale almeno non dice, come de' Fioren- tini suoi, gente avara. Ma né tulli avari a invidiosi e superbi i Fioren- tini, né tutti 1 Senesi leggieri, nò tulli bjratiìpiri i Lucchesi, né Pisa vituperio d' Italia, né tutti i Homa- gnuoli imbistarditi , rà tutti i Pi- stoiesi peggiori di quelli di Catilina, né tutti i Genovesi pieni d' ogni ma- gagna. E doveva Dante serbare a so qualche mese di purgatorio per tali sfoshi, che non sono di quel dritto zelo Che misuratamenle in cuore av- vampa Il Canto finisce con un suo condi- scepolo, buona scimmia (ognuno sa come le memorie della scuola ri- mangano per tutta la vita); e fa ri- pensare a Forese, compagno della sua giovanezza, e a quel verso d'af- feiuosì confessione : Se tu ti techi a mente Qual fo-ti meco, e quale io teco ftU. (Jomìncìa da un suo con- giunto, susnrrone, ammazzato; il cui sdesno della invendicata morte gli fa Dante più pio: e questo ram- menta Francesca da Ri mini.