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AMORE DI DANTE. XXXVII

è il guerriero di Dante, la vipera del Chiabrera, il fanciullo de' Greci.

Ma finalmente si fa noto a molti il segreto del Poeta; e chi lo deride, e chi lo compiange. Muore il padre di Beatrice nel 1289 il dì trentuno di dicembre (nel 1285 aveva fondato lo spedal fiorentino); e egli canta il dolore di lei. Inferma egli stesso, e delirando imagina che Beatrice sia morta, e canta l' ambascia di quel delirio. Altre avventure del suo amore non narra, se non l'ultima, la morte dell'angelo suo.

Di quali corrispondenze lo confortass'ella, non dice: e dopo, avere narrato ch'ella rise di lui, non prende la cura di pur notare se Beatrice si pentì di quel riso: tanto sincera e sì poco timida dello scherno (che all'anime piccole è gastigo insopportabile) era la sdegnosa anima del Poeta.

Il Boccaccio fa lei maritata a un Simone de' Bardi; il quale fu nel 1300 condannato da Dante priore, come agitatore di civili discordie. E a voi dorrà veramente che la sua beatitudine fosse stata sposa a un Simone. Ma il Pelli, lo spietatamente prosaico Pelli, nota il testamento del padre, rogato a' dì 10 gennajo 1287, dove lascia cinquanta fiorini Bici filiæ suæ et uxori Domini Simonis de Bardis. Il perchè nella Vita Nuova l'abbia egli taciuto, non è difficil cosa a vedere. A questo schietto romanzo della Vita Nuova Dante non intese affidare tutti quanti i segreti dell'amor suo, ma solo esporre l'occasione e l'argomento dell'amorose sue rime. Nè comento poteva farsi più gentile di questo, che pare la storia de' giovanili moti di quell' anima, e dello svolgersi che faceva l'ingegno ai raggi di un candido e fervente affetto. Però l'amore qui si considera come cosa seria, come parte d'educazione, come professione, per dir così, come scienza. Qui si ha la storia interiore di un uomo a cui pochi somigliano degli uomini presenti; e la storia amorosa di un tempo al quale il presente quasi nulla somiglia. E negli annali della passione, nella pittura di quant'ha più delicato e ineffabile l'anima umana, risiede la più profonda bellezza e la vera efficacia del romanzo. A questo pregio molti difetti perdonansi; senza questo gli altri pregi languiscono. E di quello scritto potrebbe Dante dire quel che d'otto anni della sua vita diceva il Rousseau: « In questo spazio poche avventure avrò a raccontare, perchè la mia vita fu tanto semplice quant'era soave; e di tale uniformità aveva appunto di bisogno l'indole mia per formarsi. In questo prezioso tempo l'educazione, che fin allora fu sparsa e interrotta, s'assodò, e tale mi rese qual poscia rimasi per tutto il corso