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INFERNO 45. Quando n' apparve una montagna, bruna Per la distanzia; e par verni alta tanto Quanto veduta non n'avea alcuna. 46. Noi ci allegrammo; e tosto tornò 'n pianto; Che dalla nuova terra un turbo nacque, E percosse del legno il primo canto. 47. Tre volte il fé' girar con tutte 1' acque ; Alla quarta, levar la poppa in suso, E la prora ire in giù, com' altrui piacque; Infin che '1 mar fu sopra noi richiuso. — 45. (SL^ Appa've Mn . HI: Q>iarto te- ra die pri nwn yeatlollcre lauie'n Vi <i; afjirire prucul monie , nc voi- vere fumwn - Jorn ■•< e^lio apuarel fl'icu nu'nerosa Zucyntho>. Altri in- tende d'una riioiiiagna dell'Atlanti- co, dì cui Platone e i g«^ografì anti- chi: altri, e meglio, di (jiif-Ua ove Dante Colloca il Purs^torlo — Bruna. Ma , HI : Cw^i P'ocul ohuciiros col- lei hU'nile"'qut> viatmtis llaliam. 46. (L) Pi imo: la prua. (^L^ Perco^ie. iEn., l: lagem a vertice pontn.< ìa fnippim. ferit. . ast, illam ter fluctus ibitem To>quet og-ns ciicurn, fJ rpiiux torni ne- quore ro'iex. — Crulu ^o . l: Pro^ ia ave» Ut, et un<iii Dit luius. 47. <L) Al' 'Ili. Per non dire Do. (SL) Piacqw. M < ., Il : Siperis placet. - I : Sic placitum (di Giove) — Ri chimo Geur!;.,lV: Spumunkm unaam sub vertice torsit. -o^Qg^o- Abbondano In questi ultimi G^nti le ìmprt'cazioni;, e gli spr^ai, più fl*^ri se r ironia gli a<"uiscp. E i è terribile te^tìmnnian/.a dell' minio del Poetali verso che »;t renQiò con u^ or<i; dove non si può rome altrove, intendere benignamente ven^iett'i p^r p^na , giacché non d^^e --he Dio fe^^e ven- detta della irreverenza contro Eliseo, dice chp Eliseo stesso si vendi-ó oer mezzo degli oisi Veramente riompa- rare le fiamme infernali de' frodo- lenti al carro etereo del franco Pro- feta, non ci eadeva se non nìir 1 1 so- miglian'a delIVs-^ere e questo e quf^l- li invìsihiii aH'o'fliio d»^' riguardanti: ma più bella é la similitudine delle luf^ciole. tuttoché a'qn^nto protratta e involuta non so se a bello studio per simboleggi *re gli avvolgimenti della f<ode l'os rome la minutezza dellf» ^l'-cinle ne denoterebbe la me- schinità E quel '^avHlliì «'he feee la porti Onde vaci il gpn'H ^emeroma- no, nfm é de' mo li t»iù bnlli ; ma ptió si.-nidc^re ch^' dalle tristizie degli Uodiini la Provvidenza trae a' ooooli rinnovellamenio di gloria e di vita; e fa certamente otmsare che, essendo la Fiienaie non Fiesolana una figlia di Roma , e rivivendo in lei quella sementa Smta, anfhe Dmte doveva tenef'^i us'^ito per l'apertura fatta da qiip| cavallo, e di qualcosa obbligato a Ulisse e a Sinone. Il verso E perto .. de' viri umanie del valo'e. di^e a proposito, «'he l'e- sperienza de' savi non consiste sia nel raccogliere dal commercio degli uomini il male solo, foss' ani'o per detestarlo; e rhe il non apprendere dal rronsorzio sociale altro che disprez- zo verso la 'O^ì detta razza umana, è fissazione tanto niù rea quanto più ostentata , è la più misercbile delle manie. Ma quando 11 Poeta chiama folle vo'o il viaggio osato per af'que in- ten'ate, non è vate punto; ed è più di lui proff^ta. sull'ali della fantasia m'editante e del volere invitto, il Coloinb » L'imagine dello sporgersi fuor dello scoglio per vedere le fiamme ranrìmi- nan'i, a pericolo di cascare giù, è schiettamente ritratta Ma n^^H' in- tero, meo preci ;a in qu^'sto Can'o l'è- Io'uzit»neche nel itrecf'dente Lora- ^zion picciola ambisce un po' d'ess-^re orazione. Gli ultimi versi più neiri.