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XXXII AMORE DI DANTE.

congiunte al nome d’una giovanetta toscana; e già diceva:

Per esemplo di lei beltà si prova.

Non solo bellissima, ma l’esempio ell’era della bellezza vera: qual maraviglia che il Poeta la convertisse in forma ideale non solo di corporea ma di spirituale bellezza?

Alle donne sovente l’austero uomo amava rivolgersi, e a loro confidare i suoi segreti dolori. Vedendo schiere di donne tornare da un compianto, e udendole parlare del dolor di Beatrice per la morte del padre, si dà a piangere, e interroga in un sonetto quelle donne pietose, ed esse in un altro rispondono:

Ella ha nel viso la pietà sì scorta,
Che qual l’avesse voluta mirare,
Saria, dinnanzi a lei, caduta morta.

Voi risponderete con senile verità, che né uomini né donne cascano morti per così poco; e io non voglio rispondere alla vostra senile severità: dirò solo che un giovane di venticinque anni, il quale tanto altamente idoleggia l’amore, era nato per scrivere a trentacinque altra cosa che versi amorosi. Tra l’estasi dell’amante e la visione del politico, tra le teologiche aspirazioni a Beatrice visibile e i teologici inni a Beatrice simbolo di sapienza civile, voi scorgerete potente armonia.

E siccome, al dir di lui, la luce di sua salute nelle altre donne si diffondeva, così nel proprio amore comprendeva egli quante erano belle donne, tutte ponendole sotto a quella bellezza regina. E’ rincontra un giorno l’amata di Guido Cavalcanti, il primo amico di Dante; e ’l nome suo era Giovanna; ma, forse per la bellezza, la chiamavano Primavera. Dietro le veniva la mirabile Beatrice. Allora parve che Amore gli parlasse nel cuore per dirgli: quella gentil donna non per altro ha nome Primavera, se non perchè doveva un giorno precedere Beatrice. E qui fantasticando sui nomi di Giovanna e di Primavera, e’ rinviene che ambedue significano la medesima cosa: perchè Giovanni Battista precesse a Gesù, come Giovanna a Beatrice; e cita il vangelo dell’altro Giovanni; e in certa guisa assomiglia la donna sua al Redentore del mondo. Se amore cosiffatto non finiva in un dramma sacro, io non so qual miglior esito avesse potuto sortire.

Ma le cose dal poeta cantate son eglino simboli o realtà? Il canonico Biscioni crede Beatrice nè figliuola del nobile Fiorentino, nè donna vera; ma la sapienza in largo signi-