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CANTO XVI. 189 Di corpo trasformalo in altro corpo si elio la trasformazione non è .'incora compiuta, egli dice: Vedi che già non se' uè duo né uno .... Due e nessun V imagine perversa Parea (1). D'un dannato che porta in mano la testa propria: Ed eran due in uno, e uno in due (2). A significare l'inesperienza del male: nuovo augelletlo due a tre aspetta (3) ; e a dipingere il movere di genie mansuefa : Come le pe- corelle.... a una (4) a due a tre. Il noto modo virgiliano e reso là in quelli: L' accoglienze oneste e liete Furo iterate tre e quattro volte (5). De' sensi simbolici dati nel poema al numero tre non é qui luogo a dire. Ma seguitando de' semplici numeri : Tre ninfe, le virtù teologali, danzano dall' una parte del carro mistico; quattro dall'al- tra, le cardinali ; i^ Grifone tende le ale Tra la mezzana e le tre e tre liste i6) che fanno i candelabri segnando un solco di luce ; i quat- tro animali simbolici sono pennuti di sei ale; Lucifero piange con sei occhi ; dieci sono le corna e sette le teste della bestia mostruosa. Una diecina sono i diavoli Malebranche (7). Niobe è impietrita tra sette e sette suoi figliuoli spenti (8'. Le lettere formanti la scritta nel pianeta di Giove com'oro in argento sono cinciue volle sette vocali e consonanti (9). La bolgia de' falsatori gira undici miglia, E men d'un mezzo di traverso non ci ha (10) ; la bolgia di sopra volge miglia ven- tidue (11). Ventiquattro i seniori coronati sul monte; ventiquattro le ■ anime sante che gli appariscono dentro al sole. Trenta gran palmi e cinqu' alle vede il Poeta dal collo al ventre della grande corporatura de' giganti legali; per ogni tempo che l'anima in vita ha indugialo il pentirsi ne starà in Purgatorio trenta. Cinquanta gradi è salito il sole sull'orizzonte del Purgatorio e Dante non s'era accorto, tutto no' suoi pensieri. Cinquanta mesi non saranno passali, e Dante saprà nncor s* incinqua. Così nel IV dell' In- ferno, sesta compagnia vale di sei per- snnc. (t) Inf. XXV. (2) i.if,xxvni. (3) Inteso volle (Purg. , XXXI) : e Inf., XXVIIi : Quel Iradilor che vede pur con C uno (inteso nccht'i) come nel dialetto «li Corfù co' quattro vale a quattro pirdi: e in una, ad un trnltn ; come il (luntp«co ad una vale ad una voce (Piirg , IV), (i) Ad, uno ai uno più volte (Pin-g., XXIV; Par., XXXIII) Puig. , XXVI: Baciarsi una con una. Inf., II: Edio sol uno. Inf., XI : iSon pure ii una sola p«r/e , per denotare più [)arti. Ancora più spesso l'uno e l'altro, che parrebbe l)iù prosaico (Par , XIV, XXIX, XXX). Abbiamo ambo , a>iibe , entrambe ^ en- Irambif iulrambc , entrnmbo , auibodue, noieudue , nmcudun , amendui (Inf. , XXXIII, XIX, XXI, I); tree e trci (Par., XXVIII; Inf., XVI); tutti e tre , t»iti e cinque, tutte e sette (Purg. , XXVII, IX, XXXIII). (5) Purg., \ II. (6) Pnrg., XXIX. (7) Dieci pnxsi in più d'un luogo. I moli del ciclo misuransi dal primo mo- bile , Si corno diece da mezzo e da quinto (Par . XXVII). (S) Pnrg., XII. (9) Par., XVI! r. (10) Inf., XXX. (H).)W/e passi camminano i duePoetì e sono lontani tuttavia dalla schiera mansueti . dov' è il vinnsuclti^simo re iVa"/'rer/i (Pnrg. , IH). Nel giro dove si [nu'ga il vizio della gola Ben viille passi e pili ci pnrtiìr oltre (Pnrg , XXIV). Nel gii dell' invidia: Quanto di qua per iiu miijliaio si conta , Tanto di là cravam niii giìt jVj' Pnrg., XIII). In quel dell' ira Dante viene più di mezza lega con gli occhi chiusi e barcollando come uomo picn di sonno o di vino. Forse