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vita di dante | xxiii |
Nel giugno del 1290 ella muore, e lo lascia percosso di tanto dolore, che per lungo spazio di tempo parve come tra disennato e salvatico. E pensò forse allora a rendersi frate: certo, allora o poi, s’ascrisse ai terziarii di S. Francesco d’Assisi, Santo da lui con sì affettuosa venerazione cantato; e con quell’abito indosso volle, a quanto si narra, morire.
Dopo morta Beatrice, scrisse la Vita Nuova, nella quale già promette opera maggiore in onore dell’Angelo suo. Fin d’allora l’aveva collocata nell’alto de’ cieli, e fattala come simbolo della morale virtù; ma le sventure sopravvenute con gli anni lo condussero a porla simbolo della virtù civile eziandio, la qual mai dalla morale non fu nel suo pensiero disgiunta. Fra le vampe dell’odio splende modesta e ispiratrice dell’ingegno suo la fiamma quieta d’amore.
Consigliato da parenti e da amici, nel 1292 prese moglie Gemma Donati della possente famiglia di Corso il barone superbo di lì a poco avverso al poeta. Tal parentado gli parve onorevole, fin dopo accesi gli odi; nuova ragione a credere declamazione rettorica quell’unico testimonio del Boccaccio, che Gemma gliosse discara. Confessa egli medesimo, lei, nell’esilio del marito, aver le possessioni sue proprie non senza fatica difese dalla rabbia cittadina, e con quelle sè i figliuoli piccoli sostentati. Dante non ne fa motto, perchè parlare di cose domestiche a lui pareva atto di debole vanità. E neppure de’ figli fa cenno: non li amò forse? Ma troppo è vero ch’altre donne egli amò nell’esilio: una fanciulla di Lucca, madonna Pietra degli Scrovigni di Padova, e vogliono ch’altre. Ma siccome la morte recente della Portinari appena lo salvò da un amore novello, e il matrimonio seguito due anni poi non ispense l’imagine nobilitatrice de’ suoi primi pensieri; così possiam credere che le affezioni, pure forse, le quali alleviarono, variando, i suoi tanti dolori, non gli cancellassero dal cuore il nome di Gemma. Nè gli odii politici potevano a lei nuocere nel pensiero di Dante, che così tenero parla di Forese il fratello, e di Piccarda la sorella, di Corso: di lui che i nemici onorò sovente di lode sì piena.
Per otto anni o nove la repubblica l’ebbe tutto. Le nuove costituzioni popolari, stringendolo, per aver parte nel reggimento, ad aggregarsi a una delle arti, e’ scelse quella de’ medici e degli speziali, più prossima a scienza. Forse in questo frattempo cominciò il suo poema in lingua latina, che smesse ben presto, spinto da necessità di trasfondere più schietto in anime molte il dolore e lo sdegno dell’anima sua. E a questo tempo si rechino ancora le varie am-