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il secolo di dante xix

italiane speranze, che le speranze stesse di Dante potevano in gran parte reputarsi lontane memorie; ond’è che i suoi desiderii son tinti di cruccioso dispetto, e i suoi cantici di trionfo somigliano a lamento d’esequie; e tanta parte del suo Paradiso è un ditirambo di dolore; e il metro stesso del poema è il metro della triste elegia. Nè, se così pieno di memorie non fosse, tanto poetico in lui sarebbe l’affetto; perchè tutta dalle memorie sgorga la poesia; e con le imagini del passato compongonsi, dall’anima che sogna, gl’idoli dell’avvenire.

Incomincia dunque all’Italia un tempo nuovo. Con la vittoria de’ Guelfi, alle spade da taglio sottentrano gli stocchi da ferire di punta, simbolo della nuova politica, più acuta che vasta, più sottile che forte. Con la vittoria dei Guelfi, all’Italia si comunica il lusso, sì austeramente condannato da Dante; la contessa Beatrice, più malefica del marito, porta seco il contagio de’ dorati arnesi e delle vesti eleganti e delle amorose donne di Francia. Con la vittoria di Carlo cominciano a farsi consuetudine le adulazioni turpi al vincitore qualunque egli sia, le bugiarde acclamazioni, gli applausi rei, le chiavi offerte in tributo dalle città prima vinte che viste. Con la vittoria di Carlo imparano i vincitori a dividersi l’oro italiano co’ piedi, a trarre oro dalle lagrime, oro dalle maledizioni de’ popoli.

Intanto che Carlo nel regno di Napoli trionfava, le condizioni di tutte quasi le italiane città venivano più o meno apertamente cangiando. Reggio, di ghibellina fatta guelfa, riceve i Modenesi co’ Guelfi toscani; a Filippo Torriano succede Napoleone; la Marca è conquista d’un cardinale; Brescia scuote il giogo di Pelavicino tiranno, si dà a’ Torriani, va incontro a Napoleone e a’ fratelli con rami d’ulivo: un Torriano è morto da’ Ghibellini milanesi in Vercelli, e il sangue suo vendicato con la morte di cinquanta o figli o congiunti de’ fuorusciti uccisori; e Napoleone grida: il sangue di questi innocenti cadrà sul mio capo, e sul capo de’ figli miei. I Legati del Papa mettono in Lombardia più discordia che pace: i Guelfi cacciano i Ghibellini di Parma; Ghibellini e Guelfi si riconciliano in Firenze, e stringono matrimonii. Pisa umiliata, per trenta mila lire si libera dall’interdetto: i Veneti pigliano tutta la flotta genovese, e Genova un’altra sull’atto ne crea: i Ghibellini di Modena son difesi da Tedeschi, da Toscani, e da Bolognesi; combattuti da Bolognesi, Toscani, Tedeschi. Vittorie insomma alternate a sconfitte, più vergognose talvolta delle sconfitte; brevi concordie, brevi trionfi, lunghi guai, tenaci odii, propositi perseveranti, fortissime volontà; esuberante la vita, in estrinseci atti sfogate e dilatantisi le potenze dell’anima: