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proemio. xiii

gia, di Cipro, passano tutti a rassegna, o lodati con parole miste d’esortazione, di rampogna, o maledetti con la potenza che dà l’ira, l’ingegno, il dolore. Non provincia in Italia, non città ragguardevole quasi ch’egli non tocchi nel volo della concitata passione, dond’egli non tragga un idolo di speranza o di vendetta. Gli uomini di tre secoli gli passano dinnanzi quasi, paurosi di essere marchiati di infamia; ed egli come il suo Minosse, conoscitor de’ peccati segna a ciascuno il suo grado in quell’inferno il cui modello la vendetta gli stampa rovente nell’anima.

Dal vero gli venne il suggello del genio. Quel vasto disegno de’ tre mondi è ordinato alle civili intenzioni dell’esule. Le fosse ardenti e ghiacciate, i cerchi della solitaria montagna, le sfere armonizzanti di luce, sono il paese posto ad aggiungere alle figure storiche più evidente rilievo. E le pitture stesse della natura corporea, le stesse visioni del mondo della fede, in tanto nel poema di Dante son vive, in quanto vi scorre per entro, quasi sangue, la storica verità. Gli altri poeti, ai fatti che cantano, cercano una similitudine nel mondo de’ corpi: Dante agli oggetti del mondo corporeo cerca un’illustrazione ne’ fatti della storia; e il suo tremore alla vista dei diavoli è paragonato al sospetto di que’ che uscivano patteggiati di Caprona, e le figure dei giganti alle torri di Montereggione, e le tombe degli eresiarchi a quelle d’Arli e di Pola, e la scesa infernale alle rovine del Trentino, e la selva dei suicidi agli sterpi tra Cecina e Corneto, e gli argini del ruscello fumante a que’ de’ Fiamminghi e de’ Padovani, e le cappe degl’ipocriti alle cappe degli eretici arsi, e le piaghe de’ falsarii al marciume di Valdichiana, e il ghiaccio de’ traditori al Danubio in Austerich, e l’atteggiamento della frode al giacersi del bevero là tra’ lurchi. Le storiche allusioni ora prorompono dalla poesia dantesca come incendio dilatato, ora come guizzare di lampo; ora scendono quasi fiume pieno, ora serpeggiano quasi per vie sotterranee. Gli è un cenno talvolta, che significa una serie di fatti, di passioni; gli è talvolta un simbolo, che la rabbia assume per trasparir più potente dal velo della profezia e del mistero.