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S4 INFERNO CELESTINO V, BONIFAZIO YIII, E ALTRI PAPI. Dante fra i dappoco riconosce alla prima alcuno de' già noti a lui, e così marchia gli uomini del suo tempo. Poi guarda e vede Celestino, e nel vederlo , incontanente intende ed è certo che coleste sono le anime de' dappoco. NeW incontanente e nel certo, quanto veleno! Celestino nel 1294 rinunziò, dopo cinque mesi e olio giorni, al pa- pato, e gli successe Bonifazio, l'amico de' guelfi (1), da cui tutti i mali di Dante. Questo é il gran rifiuto, il rifiuto di quello che ìl poeta chiama (2) Qvan manto; del quale rifiuto l'Ottimo disse: donde la Chiesa di Dio e 'l mondo incorrea in grandi pericoli. Cosi spiegano Benvenuto e altri antichi. 11 Caro, in una lettera, nomina, tra i degni amici della solitudine, Celestino. Egli accettò con terrore il papato; era dunque umiltà la sua , non viltà. Bonifazio lo perseguitò accani- tamente. Gettato dalla tempesta a pie del Gargano, mentre stava per passare l'Adriatico, fu tratto in un castello della Campania nel 1296, e ivi mori. Bonifazio, al dir del Boccaccio, il fece in una piccola chie- sicciuola, senza alcuno onore - funebre , seppellire in una fossa pro- fondissima : acciocché alcuno non curasse di trarnelo giammai. Fu nel 1313 canonizzato da Clemente: ma Dante allora aveva già scrìtto r Inferno. Forse il rifiuto fatto non per moto spontaneo, ma dopo i terrori, come dicevasi, messigli da Bonifazio, parve a Dante non umiltà generosa: e certamente quel rifiuto al Poeta dolse non tanto in sé , quanto per aver dato il seggio al polente e astuto avversario di sua parte. Nel confessare che Dante usò troppa o irriverenza o severità contro lui , giova d'altra parte soggiungere eh' e' poteva averne u'na qualche ra- gione storica non nota a noi, o almeno, nella falsa fama del tempo, una scusa. Così quello che nel vensetlesimo dell' Inferno é detto dì Guido, tuttoché paia inverisimile, non si può rigettare siccome falso. Non aveva Bonifazio di bisogno di ricevere da nessun frate il consiglio del molto promettere e poco attenere ; nò per la carità di tale consi- glio accadeva ch'egli promettesse indulgenza al peccato futuro; ma, spogliata la narrazione di quella ironia passionata che le dà aspetto di favola, riman possibile che Bonifazio chiedesse al frate guerriero e politico del u3ome vincere i suoi nemici, e che questi gli consigliasse non forza ma frode. Del resto, la prigionia di Celestino sarà ritor- nata terribile più che spettro negli occhi di Bonifazio insultalo dai suoi indarno insidiali e combattuti nemici. La qual trista fine dimo- stra quanto eccedano il giusto le lodi da taluno date alla sapienza politica del disprezzalo e compianto da Dante. I papi dunque nella Commedia biasimali, olire a Celestino nel Limbo per dappocaggine, a Martino nel Purgatorio per ghiottoneria, e ad Adriano ivi slesso per avarizia, sono nell'Inferno Anastagio, che egli per isbaglio storico scambia con un imperatore il qual cascò in eresia ; poi de' più prossimi al tempo suo, Nicolò IH. fra' simoniaci , e fìoni- (1) Iiif., XIX, XXVII. (2) Piirg., XIX,