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— 50 — mai non ha la lingua italianissima ed elegante di latine voci? Lana forse non intese la ironia di quelF amenda ma forse non è sua la postilla, e se ho da dire tutto quello che penso, e che non ho osato nel libro, perchè ancora mi mancan le prove, reputo che tutte quelle chiose tirate colle etimologie latine siano di copisti, e possessori di Godici; e per me tosto assicurato le trarrei fuori, e tratte le avrei se il Magiiabecchiano, che io apprezzo assai $1che mi servi di emenda ma che non pubblicai, come fè’ credere il mio illustre Bonaini nel Catalogo dell’esposizione dei Codici danteschi), non le avesse portate. Se eresiarca fu tradotto per arca di eresia, non è da rimproverare per nulla il Lana che sapeva ottimamente quel che diceva; il Witte fldato nella lingua dei libri che avrà letto, e neir altra che si saranno ingegnati di parlargli i suoi conversanti, non si sarà curato d’indagarla nella sua filosofia. Arca di scienza, dicesi in Italia ad un grande scienziato, ad un dottissimo capo-scuola; arca di tristizia, un tristissimo furfante. Eresiarca è Capo di setta eretica; $1Principes hereticorum ha per interlineo ad eresiarche uno dei due Codici preziosi della Università bolognese), e non è capo chi non ha le abilità maggiori; eresiarca, non è tutto greco, ma un connesso di greco e latino fabbricato ad uso d’Italia, e quivi il Witte ha preso un grosso abbaglio, come tanti ne ha presi in accidenti linguistici di minore e di maggiore conto, quali potrannosi rilevare leggendo le annotazioni che ho dovuto pur fare avendo voluto instituire una ragionevole sicura lezione del divino poema per quanto il Commento e i Godici suoi mi dessero lume. E in quelle note troverete altresì quella che giace al v. 14 del Canto XXYI dell’Inferno per la voce Iborni^ la quale schiarisce un passo che ogni dantista trovato aveva oscuro per non dir fosco, e se il Witte, anzi che dispregiare, avesse voluto studiare, avrebbe e ivi, e altrove, ringraziato il Lana de’ servigi buoni. Nulla dico del cadendo che non l’ho trovato, ma del macigno ben qualche cosa. Al v. 03 del Canto XV dell’Inferno è detto che cosa intese il Lana per questa voce di che appunta i Fiorentini. Non mi pare del Lana, ma è in tutti i Godici; d’altra parte lo definisce stancaruolo e i fiorentini ostinati che per ninna cosa si lasciavano svolgere erano per Dante certamente stancaruoli, o cosa che a lavorarla stanca. Fin qui è in metafora naturale; ma il chiosatore definisce