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460 | INFERNO. — Canto XXIX. Verso 109 a I20 |
Io fui d’Arezzo, ed Albero da Siena,
Rispose l’un, mi fe’ mettere al fuoco; 110
Ma quel perchio mori’ qui nou mi mena.
Ver è ch’io dissi a lui, parlando a giuoco,
Io mi saprei levar per l’aere a volo:
E quei che avea vaghezza e senno poco,
Volle ch’io gli mostrassi l’arte; e solo 115
Perch’io noi feci Dedalo, mi fece
Ardere a tal, che l’avea per figliuolo.
Ma nell’ultima bolgia delle diece
Me per l’alchimia che nel mondo usai,
Dannò Minos, a cui fallar non lece. * 120
V. 109 Perché alcuni Cod. hanno Alberto si scartò Albero che la Crusca avea preso, e ch’io ritrovo nella Vinci, e nel R. e in quelli che ms. e stampa seguono, testo e Com., nel Cass. nel BS, BF, BP, BV, nel Bg. nel Land., nel Cori., e nel Lombardi, e nelle Chiose date dal Selmi. Fu assolutamente Albero^ e di Bernardino (Bulletlino della Società sanese an. 1863. fase. 2. p. iO che cita Atti pubblici notarili) e forse fu de’ Guadagnoli come ne pensò il sig. Carpellini. V. 120. Tengo fallare ch’è prendere abbaglio in vece di fallire seguito da altri che meglio si usa per mancare, commelter fallo; e per altre autorità cito i due Cod. interi dell’università bolognese, i tre dell’archig. col Landiano, e il Laur. XL, 7. V. 109. Questo Aretino fu una scritturata persona, sottile e sag-ace, ed ebbe nome maestro Griffolino (1); sapea e adoperava quella parte d’alchimia che è appellata sofistica , ma facealo sì secretamente , che non era saputo per alcuna persona. Or questo maestro avea contezza con un Albero (2), fig-liuolo secreto del vescovo di Siena, e questo Albero era persona vag-a e semplice , ed essendo un die a parlamento collo detto maestro Griffolino, e per modo di treppo (3) lo ditto maestro disse : s’io volessi io anderei volando per aire come fanno li uccelli e di die e di notte ; sogg-iungendo a sua novella : e si potrebbe andar per tutta la terra e in li segreti luoghi senza dubbio di signorìa o di persona che offendesse. Questo Albero si mise le parole al cuore , e credettelo ; infine strinse lo detto maestro ch’elli li insegnasse volare. Lo maestro pur li dicea di no, come persona che non sapea fare niente. Costui li prese tanto odio adosso, che ’1 padre predetto, cioè il vescovo, li informò una inquisizione adosso, e fèllo ardere per patarino. E però dice lo detto Aretino, come appare nel testo. Io sono d’Arezzo, e Albero senese mi fece ardere perch’io non lo feci Dedalo, cioè quello di che fu fatta menzione nel XVII capitolo, padre d’Icaro ; quasi a dire : perch’io non li insegnai a volare; ma quella colpa non m’ha spinto qui, (H L’Ottimo, invece di Griffolino ha Gerolamo, ch’ò manifesto errore. {ì) Neil’Ottimo è Alberto. Nel Jlagliab. Atbaro, V. la nota al v. 109 di Dante. (ò: Treppo cioè giuoco, scherzo, voce con.isciuta anche nel secolo decimosesto in Lombardia, in cui scrivevasi anche il veibo Treppare per giuocare.