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372 INFERNO. — Canto XXII. Verso 116 a 129

    Lascisi il collo, e sia la ripa scudo1
     A veder se tu sol più di noi vali.
O tu, che leggi, udirai nuovo ludo.
     Ciascun dall’altra costa gli occhi torse;2
     Quel prima, ch’a ciò fare era più crudo. 120
Lo navarrese ben suo tempo colse,
     Fermò le piante a terra, e in un punto
     Saltò, e dal proposto lor si sciolse.
Di che ciascun di colpo fu compunto,3
     Ma quei più, che cagion fu del difetto; 125
     Però si mosse, e gridò: Tu se’giunto.
Ma poco valse, che l’ale al sospetto
     Non poterò avanzar: quegli andò sotto,
     E quei drizzò, volando, suso il petto:


  1. V. 116. Correggo colla Vind. testo e Commento, coi Codici che la seguono, col Land col BU, col Cassinese, col BP, e la Nidob. collo che sia per cima, sommità, giogo. Il Lombardi avvertì che nel prossimo canto XXIII al v. 43 è come di necessità la stessa voce in quel senso. Il Foscolo non fece buon viso al Lombardi; disse collo errore di tutti; asserì che i più antichi mss avevano colle, e fermò sua ragiono che Lombardi spiegò collo di monte, e monte ivi non è. I Codici che io cito sono de’ più antichi, e sì le stampe. Nè Foscolo, nè Witte, nè i Fiorentini dunque per ora si presero il meglio.
  2. V. 119. Leggo torse con BP, BU, BF col Codice Cassinese, ed è lezione molto più propria per chi si rivoltò per calare giù da quella cima nell’opposta falda del cerchio.
  3. 124. Qui poi il Witte s’ingannò di grosso seguendo chi ha di colpa sebbene così molti Codici, compreso il Cassinese, sianosi copiati. La Vindelina tanto poco attesa avea di colpo ed era il vero e l’ha il Land, ed è nei Frammenti del Cod. dell’Università bolognese quantunque poi da altra mano mutato.




V. 116. Cioè noi ci asconderemo tra la sommità del rivale e la bolgia acciò die neuno ci veg-gia. E tacitamente disse: se tu ci ingannerai, stranio ci parrà che siali fatto quello ch’elli demanda a vedere s’elli solo vale e sa più di noi.

118. Seguendo lo suo poema drizza lo sermone allo lettore, e dice che ciascuno de’ predetti demonii travolse li occhi a guardare in altra parte, e più tosto colui che li era più incagnito adosso per potere avere cagione di procedere in esso. E sì tosto come lo ditto Navarese vide che neuno lo guardava, parlando tuttora con essi si gittò nella pegola, e tolsesi da ogni loro proposto e ragionamento. Veggendo cosi Alichino gettossi ratto contra ad esso, credendolo aggiugnere, e volando disse: tu se’ giunto. E soggiunge che poco li valse tal seguire, imperquello che l’ale d’Alichino non poterò giungere lo sospetto, cioè lo peccatore1, ad avanzare al suo salto.

  1. (I) Ricardiano ha qui: E qui finisce la esposizione del capitolo XXII: e di vero non ha altro.