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Ecco la fiera con la coda aguzza,
     Che passa i monti, e rompe mura ed armi;
     Ecco colei che tutto il mondo appuzza:
Sì cominciò lo mio Duca a parlarmi.
     Ed accennolle che venisse a proda,5
     Vicino al fin de’passeggiati marmi:
E quella sozza imagine di froda,
     Sen venne, ed arrivò la testa e il busto;
     Ma in su la riva non trasse la coda.
La faccia sua era faccia d’uom giusto;10
     Tanto benigna avea di fuor la pelle,
     E d’un serpente tutto l’altro fusto.
Duo branche avea pilose infin l’ascelle:
     Lo dosso e il petto ed ambedue le coste
     Dipinte avea di nodi e di rotelle.

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V. 1. Cioè che venia verso essi l’animal predetto, e soggiunge di sue proprietadi, cioè che passa i monti, quasi a dire che la fraude guasta e rompe e sovrapponsi a tutto.

3. Cioè che per essa il mondo è tutto apuzzolato, cioè impiagato di peccato e di malizia.

4. Cioè che ’l poeta sì li mostrò, ed accennò, al ditto animale che venisse a riva per portarli a giuso. E questa allegoria hae a dimostrare che con lui chi vuol vedere la disposizione de’fraudolenti, convien con fraudolenzia vederli ed usarla, in per quello che altra via non è sufficiente a tal conoscenzia. E però quando l’autore volle andare nelli circoli dei fraudolenti, convenne con fraude fare suo cammino.

7. Dice come venne alla riva del settimo circolo, e solo venne in terra col petto e con le anteriori parti, ed in l’aire rimanea la coda e le posteriori parti: e questo è a dimostrare come lo fraudolente, com’è detto, appare fermo e dritto in prima faccia, poi la sua fine è opposta a quella apparienza.

10. Qui denota la sua apparienza.

12. Cioè velenosa.

13. Due branche, cioè la prima apparienza di fraude è coperta ed ornata di vero. L’ascelle, cioè li òmeri.

15. Cioè di volte e d’inganni.