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XVI.
Già era in loco ove s’udìa il rimbombo
Dell’acqua che cadea nell’altro giro,
Simile a quel che l'arpie tanno rombo;
Quando tre ombre insieme si partiro,
Correndo, d’una torma che passava{R{|5}}
Sotto la pioggia dell’aspro martiro.
Veniali ver noi; e ciascuna gridava:
Sostati tu, che all’abito ne sembri
Essere alcun di nostra terra prava.
Aimè, che piaghe vidi ne’ lor membri10
Recenti e vecchie dalle fiamme incese!
Ancor men duol, pur ch’io me ne rimembri.
Alle lor grida il mio Dottor s’attese,
Volse il viso ver me, e: Ora aspetta,
V. 1. Cioè ch’era tanto andato con ser Brunetto, che cominciava a udire lo sonito dell’acqua, la qual si versava da un girone molto alto più basso del luogo dov’erano; e fa per esemplo similitudine che nelle sue orecchie facea quell' acqua, odita per lui da lungi, tal sonito come fanno le ape quando s’aggiungeno li sciami insieme, quasi a dire uno rombare continuo e sordo; e però dice: simile a quel che l'arnie fanno rombo.
4. Qui seguendo il suo poema dice che li sopravenner tre ombre, cioè tre anime, le quali seguitavano moto d’una torma, cioè velocità, le quali erano martoriate de la pioggia, cioè de l'abbondanzia del martirio della divina giustizia, e vernano gridadno: tu che ne pari delli cittadini della nostra terra prava, cioè di Firenze, aspèttati. E soggiunge, come nel testo appare, con voce di poeta quando dice: Aimè, ch’ello vide in loro piaghe nelle carni molto orribili, ed in vista di grande perturbazione, le quali erano cagionate dalle fiamme di quel fuoco eterno, che la giustizia di Dio ordina a tali peccatori, e dice che ancora li ne duole quando se ne ricorda, vogliendo mostrare sua complessione misericordiosa e pìa.
13. Segue come Virgilio, perch’ erano persone state nel mondo degne, li volse soddisfare perchè notizia fosse di sè, e disse a Dante: a questi per la ragion detta si vuole esser cortese.