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258 INFERNO. — Canto XIV. Verso 50 a 60

     Ch’io dimandava il mio duca di lui, 50
     Gridò: Qual io fui vivo, tal son morto. *
Se Giove stanchi il suo fabbro, da cui
Crucciato prese la folgore acuta,
     Onde l’ultimo dì percosso fui;
     s’egli stanchi gli altri a muta a muta 55
In Mongibello alla fucina negra.
     Gridando, Buon Vulcano, aiuta aiuta;
     Sì com’ei fece alla pugna di Plegra,
E me saetti di tutta sua forza,
     Non ne potrebbe aver vendetta allegra.

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sendo vivo, e non curai di sue minaccie, tal mo ch’io sono morto, poco lo pregio. E soggiunge, come apparirà, ch’era sorpreso da tanta superbia che disse che Dio con tutta la sua forza nol potrebbe fare condannare a lamentarsi, e per conseguente non avrebbe di lui vendetta allegra. Quasi a dire: Dio non mi potrebbe daretanta pena ch’io mi lamentassi, nè che la sua voglia fosse contenta di mia passione, perchè mai non verrò a quel termine ch’io mi chiami vinto.

V. 58. Elli si scrive fabulose che a Flegra, cioè in una montagna prelionno insieme li giganti centra li Dei, sichè Iuppiter, veggendosi a mal partito, chiamò Vulcano dicendo: soccorri, soccorri; sichè Vulcano continuo li fabbricava saette, e fulminava li giganti. Infine perdenno li giganti e furono tutti tagliati.

Mongibello è un monte in Cicilia molto alto, ed evvi continuo foco, perchè v’hae, come mostra lo Filosofo in la Meteora, una vena di solfare inceso, lo qual fuoco continuo getta fiamme e pietre accese. Or li poeti volendo fittivamente far menzione di quel monte, poneano che lie stessen li fabbri di Iuppiter, e lie fabbricassen le sue saette.

Udito tanta superbia, sicome è detto, Virgilio esclamò contra Capaneo dicendo: o vizioso Capaneo, che non s’ammorza la tua superbia tu se’ più punito, quasi a dire grandemente, tu hai la eccellenzia de’martìri, salvo che la tua rabbia ti dee essere ancora maggior martirio e conformevile alla tua colpa; sicome dice san Dionisio, 8, cap. De divinis nominibus demonum: — moltitudo demonum causa est omnium malorum et sibi et aliis; cosi in opposito la moltitudine della rabbia di Capaneo è cagione del suo tormento.

Questo Capaneo fu uno de’ sette regi, li quali assedionno Tebe. Or un die questo Capaneo forzevolemente montò su le mura della detta cittade, e sgridando dicea centra li Tebani: o gente assediata, cattiva e abbandonata! li vostri Dei ove sono che non v’ajutano? come vi lassano elli cosi assediare? dicendo ogni disonor d’essi e delli suoi Dei. Allora Iove s’adirò contra lui e fulminollo d’una saetta di folgore, essendo ello su lo sopradetto muro, e si lo ancise. E però dice lo testo in persona di Capaneo : se Iove stan