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260 | INFERNO. — Canto XIII. Verso 145 a 151 |
Sempre con l’arte sua la farà trista: 145
E se non fosse che in sul passo d’ Arno
Rimane ancor di lui alcuna vista;
Quei cittadih, che poi la rifondarno
Sovra il cener che d’Attila rimase,
Avrebber fatto lavorare indarno. 150
Io fèi giubetto a me delle mie case.
li altri discipuli e fedeli ch’ebbe le nostro Signore , san Joanni Baptista fue salvatico ed astratto da ogni conversazione e vita umana, così li fiorentini sono astratti, diversi, selvatichi e crudi a comparazione di tutti li altri umani atti.
V. 146. Cioè che in sull’Arno in capo del ponte vecchio è 1 un’imagine di Marte, per la quale Marte non ha proceduto con sua arte ad averso d’essa, cioè con battaglie, indarno 1’ arebbono riedificata quelli che la rifenno dopo quando l’Attila l’arse, ciò vuol dire ella sarebbe nuovamente disfatta; e perciò dice: avrebber fatto lavorare indarno. Or questa imagine hae per allegorìa a significare li Buondelmonti, li quali sono gentili ed armigeri uomini, li quali hanno per lo seguir lo primo modo di Firenze, cioè di farla con mano, mantenuta la terra in la detta arte, ed oggi non disfatta.
151. Posciachè l’anima del cespuglio ebbe toccato dello stato di Firenze, qui tocca del suo proprio, e dice che fé’ delle sue case giubbetto. Giubbetto è in Parigi una casa nella quale si fa la giustizia per la pubblica Signoria: lì si taglia teste, lì si impicca, lì si procede nella persona de’ malfattori per la ragione pubblica. Or dice 1’anima del cespuglio ch’elli fece delle sue case a sè giubbetto , cioè che si apiccò sé stesso. Ora è da notare che l’autore non fa menzione più in singularità chi sia costui; e puollo muovere due cagioni.
La prima è che poichè li ha detto ch’elli fue fiorentino, è assai notorio che nel suo tempo fue messer Lotto delli Agli, lo quale era nominato giudice d’una falsa sentenza: per quel dolore s’apiccò elli stesso colla sua cintura d’ariento (3).
- ↑ Notato e notabile sta questo è per l’antichità del Commento. Il Laur. XXVI, Sin 2 ha que residet super caput pontis Arni; e il Cod. Grumello Ilic subicit dictus Jacobus de sancto Andrea quod nisi una statua iterum in dieta civitate » esset que est super caput pontis arni et que iterum reputant dictum Martem». Dalla parola signoria sino a questo richiamo è difetto nel Codice Laur. XC. 115. Ma da essa fino a sè stessa par glossema di copista Non nega l’ Ottimo, e ripete il Cod. Cassinese che tale fosse l’infelice, ma 1’Ottimo, i Cod. P. e S. 160 delle Chiose anonime e Benvenuto da Imola e il Bargigi avvisano ch’era voce anche essere stato Racco de’ Mozzi di Firenze il quale di molto ricco divenuto poverissimo, volle finire sua vita anzi l’ultima miseria nel modo detto di sopra. Il Laur. XL, 7 dice che fu uno giudice della casa degli Agli che s’impiccò da sé colla sua cintura d’argento per lo ismisurato dolore d’una falsa sentenza , la quale colui aveva data disavvedutamente.