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256 | INFERNO. — Canto XIII. Verso 67 a 96 |
<poem>Infiammò contra me gli animi tutti,
E gl’infiammati infiammar sì Augusto, Che i lieti onor tornaro in tristi lutti.
L’animo mio per disdegnoso gusto , 70
Credendo col morir fuggir disdegno, Ingiusto fece me contra me giusto.
Per le nuove radici d’esto legno
Vi giuro che giammai non ruppi fede
Al mio signor , che fu d’onor sì degno. 75
E se di voi alcun nel mondo riede ,
Conforti la memoria mia, che giace Ancor del colpo che invidia le diede.
Un poco attese, e poi: Da ch’ei si tace,
Disse il Poeta a me, non perder l’ ora; 80
Ma parla, e chiedi a lui se più ti piace.
Ond’io a lui: Dimandal tu ancora
Di quel che credi che a me soddisfaccia; Ch’io non potrei : tanta pietà m’accora.
Però ricominciò : Se l’uom ti faccia 85
Liberamente ciò che il tuo dir prega, Spirito incarcerato, ancor ti piaccia
Di dirne come l’ anima si lega
In questi nocchi; e dinne, se tu puoi,
S’alcuna mai da tai membra si spiega. 90
Allor soffiò lo tronco forte, e poi
Si convertì quel vento in cotal voce, Brevemente sarà risposto a voi.
Quando si parte l’ anima feroce
Dal corpo ond’ella stessa s’è disvelta, 95
Minos la manda alla settima foce.
<poem>
V. 67. Infiammò, cioè che tutti i famigliari lo invidiavano. 68. Cioè li famigli infiammar si Augusto cioè lo Imperadore. 69. Cioè che fu primo d’onore e trovossi in tristi disonori. 70. Qui mostra che credendo con suo moi’ire fuggire disdegno, si uccise e però dice: ingiusto feci me, cioè io mi feci cosa ch’era ingiusta: contra me giusto, cioè contra me che non aveva peccato. 73. Qui si scusa con sagramento come appar nel testo. 76. Qui priega che sua memoria sia scusata nel mondo tra i vivi. 82. Ond’io a lui, cioè che volle che Virgilio lo domandasse in che modo l’anime si trasmutavano in sterpi, e perchè e se mai alcuna è mutata ad altra pena. 91. Qui poetiza e proemiza alla risposta. 94. Cioè quando 1’ uomo muore, l’ anima, che andar dee la giuso, va dinanzi a Minos, com’è detto nel V caipitolo.