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INFERNO. — Canto XII. Verso 115 a 126 247

Poco più oltre il Centauro s’affisse 115
     Sovra una gente che infino alla gola
     Parea che di quel bulicame uscisse.
Mostrocci un’ombra dall’un cauto sola,
     Dicendo: Colui fèsse in grembo a Dio
     Lo cor che in sul Tamigi ancora si cola. 120
Poi vidi genti, che di fuor del rio
     Tenean la testa ed ancor tutto il casso:
     E di costoro assai riconobb’io.
Così a più a più si facea basso
     Quel sangue sì, che coprìa pur li piedi:1 125
     E quivi fa del fosso il nostro passo.


  1. V 125. Dodici marciani, i frammenti e BU, il Laur XL, 7, i due Cortonesi: il Cass. BS, BP, Viv e due Pat. e sa Dio quanti altri han cocea e il Witte il prese avendo a mente quel sangue che bolliva. Ma qui si tratta del decrescere del sangue, e non della cottura. Resto col Boccaccio e co’ quattro fiorentini; e se ne vede accordanza nelle chiose lanee.




fece morire in Venezia. Poi successive dissipò lui e suoi successori tutti quelli di parte d’imperio di Ferrara: poi mise mano a quelli ch’erano stati con lui e di sua parte. Fatto tutto questo, messer Azzo da Este fe’ morire lo detto Opizzo suo padre acciò che lì romagnesse la signorìa. Possedè Ferrara, Modena e Reggio. Or lo chiama l'autore figliastro in per quello che a fare morire lo padre non è amore figliale, e però dice: fu spento dal figliastro etc.

V. 113. Cioè che lassavano andare Nesso innanzi, che era primo a Dante, e Virgilio venia dirieto a Dante, sì ch’era Virgilio a Dante secondo.

117. Come appar nel testo, procede.

118. Mostrocci un’ombra. Questa era l’anima di messer Guido di Monforte d’Inghilterra, lo quale uccise in una chiesa in Viterbo1 messer Enrico d’Inghilterra parente del re Edoardo, nell’ora quando si levava all’altare lo corpo del nostro Signore. Or fu tolto lo cuore del ditto messer Enrico da alcuni suoi parenti, e messo in una bussula, e balsamato e mandato nella sua terra che è appellata Londra, che è apresso un fiume che ha nome Tamisci, è fu fatta una immagine di marmore a similitudine del detto messer Enrico, e quella immagine tiene la detta bussula in mano: è scritto nella veste dell’immagine queste parole: Cor gladio scissum do cui consanguineus sum: cioè al re Adoardo apresenta quella immagine il cuor del ditto messer Enrico, acciò ch’elli ne faccia la vendetta.

121. Segue lo poema mostrando più tiranni, li quali erano e chi più e chi meno ad ordine nel sangue secondo ch’avevano com

  1. La V., il R., i Cod. che li seguono, e M. han Napoli ma è errore palese.