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INFERNO. — Canto XII. Verso 1 a 12 237


si è quella del tiranno. E la cagione perchè è maggiore signorìa e più pessima in li pochi che in li molti, si è che pochi possono eleggere e sì in bontà e sì in malizia, li più per la loro diversitade non possono cosi fare elezione né bene nè a malizia.

Abbiamo toccato brevemente de’ modi delle polizie; e però chièha diletto di volerne sapere più diffusamente, trovi l’Etica e la Politica là dove apieno si tratta di quelle: ancora lo libro che fe’ fra Gillo De regimine principum, in lo quale distintamente nella terza principal parte sì si cuntene.

Poi ch’è detto della intenzione del capitolo duodecimo, è ad esporre lo testo la dove che bisogna.

Era lo loco, ove a scender la riva
     Venimmo, alpestro, e per quel ch’ivi er’anco,
     Tal, ch’ogni vista ne sarebbe schiva.
Qual è quella ruina, che nel fianco
     Di qua da Trento l'Adice percosse 5
     per tremuoto o per sostegno manco;
Che da cima del monte, onde si mosse.
     Al piano è sì la roccia discoscesa,
    Ch’alcuna via darebbe a chi su fosse:
Cotal di quel burraio era la scesa. 10
    E in su la punta della rotta lacca
    L’infamia di Creti era distesa ,




V. 1. Aduce per esemplo sicome entrando nelle montagne, nella sua valle discende un fiume, lo quale per la continuitade del corso ha roso la montagna dal piè, e poi in processo di tempo tutta quella parte del monte che dovrebbe essere sostenuta da quel pedale è dirupata e cascata. Cosi era fatto quel passo, cioè di ruina, ed era così denudato e alpestro, cioè salvatico. E soggiunge facendo comparazione: ogni vista, ne sarebbe schiva, cioè timida.

10. Cotal di quel burrato, cioè luogo cavo.

12. L’infamia di Creti. Qui introduce una favola poetica, la quale avenne in Creti. Scrivono li poeti che Minos fu un re universalmente di Creti, ed avea una sua moglie ch’avea nome Pasife, e due figliuole, l'una nome Fedra e l’altra Adriana. Avenne che 'l predetto re andò ad assedio ad una città ch’avea nome in