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INFERNO. — Canto X. Verso 98 a 99 217

Dinanzi quel che il tempo seco adduce,
E nel presente tenete altro modo.




l'anime dei dannati sanno quel che si fa al mondo. L’altra è se le predette anime posseno saper di quello che dee avenire. Alla prima questione s’argomenta così: ch’elle sanno quel che si fa, ed hanno cura di ciò, in prima per quel ch’è scritto in l'Evangelio di santo Luca XVI: habco quinqne fratres, ut testetur illis ne et ipsi veniant in hunc locum tormentorum. Se elli non sapessono quello che si fa, non arebbono cura d’essi. Ancora molte fiate si trova che sono appariti morti a corregger li vivi d’alcuni peccati che comessono: sicome fu Samuel che apparve a Saulle, e molti altri, e ciò non sarebbe s’elli ignorasseno quel che si fa per li vivi più inanzi le anime cognoscono e sanno quello che apresso loro si fa: s’elli non sapessono quel che si fa per li vivi, non sarebbe altro ch’essere impacciati per distanzia locale, cioè per spazio di luogo, lo quale impedimento non è, secondo che mostra in la prima parte san Tomaso, questione Gregoriis, cap. 7. Sichè per li sopradetti argomenti apparirebbe che l'anime sapesseno quel che è presente. In contrario è san Tomaso in la preditta questione, articolo VIII in la responsion sua che tolle un detto di san Gregorio 12 Moralium, che dice: mortui vitam in carnem viventium post eos qualiter disponatur nesciunt, quia vita spiritus longe est a vita carnis: corporea atque incorporea diversa sunt genera, ita sunt distincta coniunctione. Sì che per autorità chiaro appare che le predette anime nulla sanno di quello che tra li vivi si fa.

Li argomenti che di sopra son fatti alla contraria opiinione, si solveno in questo modo. Al primo che li morti hanno cura de’ vivi eziandìo ignorando suo stato, simile a quella ch’han li vivi de’morti, che fanno bene per l'anima talvolta di quello che è dannato. Sichè per aver cura de’ vivi, non si segue però che sappiano lor stato.

Lo secondo si solve che apparizion di morti può essere per speciale dispensazione a lor fatta da Dio, e questo è da reputare per miracolo più che per natural operazione. Non si segue, perchè una anima abbia da Dio dispensazione, che sappia però quello che tra vivi si fa: l'anime de’ dannati è da creder che non abbian dispensazione nè grazia, sichè si conclude che non sanno del presente.

Lo terzo argomento sì solve che questa ignoranzia non è per locale distanzia, ma vienli per le cagnoni sopradette, cioè che l’anime de’morti sono segregate e partite da conversazione dei vivi, e congiunte alla conversazione de’spiriti, ch’ènno separati da lor corpi. Or questo si dee intendere delle anime de’dannati. Quelle ch’ènno salve non ignorano alcuna cosa che si faccia tra’ vivi, perchè sono piene della grazia di Dio, lo qual li fa conto ogni cosa, sicome san Gregorio soggiunge in nel sopradetto ditto, e dice: tamen de animabus sanctis sentiendum non est, quia quæ inter omnipotentis dei claritatem videntur, nullo modo credendum est quod, sit foris aliquid quod ignorent etc. E così appare che l’anime dei dannati nulla sanno di quello che tra vivi si fa.