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si mostrò nel 1865, sebbene vestito a pompa nei torchi del Givelli a Milano, e che la Commedia del divino Poeta sia per acquistare per questa via maggiore fermezza per la scelta della lezione, e anzi in qualche luoghi sia per dimostrarsi sanata da piaghe che sembrate erano incurabili. Questa mia impresa, se anche non sia coronata di lauro, questo di bene avrà sicuramente procacciato: che i Dantofili e gli amatori delle alte lettere, non solamente cercheranno il Poeta nelle migliaia di Codici in cui è riprodotto, ma eziandio ne’ suoi commentatori più antichi, imperocchè poterono essi avere Godici più vicini ai tempi dell’Autore, che ora, non trascritti da essi, si sono perduti, rimasti soli i richiami ai versi a cui le chiose si riferiscono, di che fanno testimonianza la stampa Vindelina e poi la Nidobeatina che la Vindelina copiò quasi sempre, e del Commento prima fece macello, poscia trattamento diverso, come dirò innanzi. Dico gli antichissimi e sì di Dante e sì de’ figliuoli si sono perduti e qui il Gregoretti ha ragione, ma non ha ragione quando dice che le più antiche copie oggi essenti appartengono al secolo XV; essendone molte conosciute del secolo antecedente, e alquanto eziandìo della prima metà del secolo stesso.

Voi, Signori, già incominciate ad intendere con quali avvedimenti io mi mettessi all’opera. Esplorati i molti lanei, e molti sono; e questo, e lo essersene stampato uno prima del Commento del Boccaccio, e prima di quello del Buti, e l’essersene fatte per Italia con gravissimi dispendii e con isplendori di calligrafie e di alluminazioni, continuando un secolo dalla morte del Poeta, mostrano qual fama il Commento del Lana godesse in tutta la nazione, io dovetti pur scegliere quali alla nuova edizione mi convenissero. Questo avevo rilevato: che testo laneo puro ed intero non esisteva in luogo alcuno, che di mano del Lana molto meno si aveva, che i molti Codici difettosi tutti si potevano correggere a vicenda; che in tutti erano lacune, interpolamenti, adulteramenti di fatti e di parole, in tutti più meno guasta la lingua; che non erano tutte vere le identità indicate dai bibliografi dantisti, compresovi il Batines, per certi Codici più notabili non solamente per l’originale italiano, ma eziandìo per le traduzioni

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