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202 INFERNO. — Canto IX. Verso 33 a 52

     U’ non potemo entrare omai senz’ira.
Ed altro disse, ma non l’ho a mente;
     Perocché l'occhio m’avea tutto tratto 35
     Ver l'alta torre alla cima rovente,
Ove in un punto furon dritte ratto
     Tre furie infernal di sangue tinte,
     Che membra femminili avìeno, ed atto;
E con idre verdissime eran cinte: 40
     Serpenti di ceraste avean per crine,1
     Onde le fiere tempie eran avvinte.
E quei, che ben conobbe le meschine
     Della regina dell’eterno pianto:
     Guarda, mi disse, le feroci Erine. 45
Questa è Megera dal sinistro canto:
     Quella, che piange dal destro, è Aletto:
     Tesifone è nel mezzo: e tacque a tanto.
Coll' unghie si fendea ciascuna il petto;
     Batteansi a palme, e gridavan sì alto, 50
     Ch’io mi strinsi al poeta per sospetto.
Venga Medusa: sì il farem di smalto,


  1. V.41.La comune ha serpentelli e ceraste; il Cortonese, com’io accetto, che accorda col Lana.




V. 34. Segue suo poema, e dice come furono apresso della torre e che videno tre furie infernali le quali erano sanguinose ed eranoin forma di femmine. E dice ch'erano cinte con idre verdissime, cioè serpenti venenosi, e le lor crine erano ceraste, che è una specie di serpentelli, e da tali capelli erano adornate le lor tempie.

43. Cioè che Virgilio li disse quelle che erano, cioè Megera, Aletto e Tesifone. Questi funno tre sorori, le quali in sommo grado d’ira s’ebbono il mondo. E ponenli li poeti per allegoria, ma a significare la incontinenza, la qual corre troppo avaccio ad ira: la seconda significa malizia, la quale si drizza a ira: la terza significa la bestialitade, la quale significa quella pessima ira, la quale è in supremo grado, sicome qua inanzi in lo XI capitolo dichiarerà. E però che non entra anco l'autore in la città, ed è nel pantano delli iracondiosi, fa menzione di quelle furie; puniscele con serpenti a mostrare lo venenoso moto delli irati e la sua impia voluntade.

49. Qui distingue lo loro esercizio e movimento ch’era tutto avalorato d’ira, come appar nel testo.

52. Questa Medusa, secondo che ponon li poeti, fu una bella giovine delle parti d’occidente, la qual giacque con Nettuno dio del mare carnalmente in lo tempio di Pallas, overo Minerva, che è tutt’uno, la quale è appellata dea di scienzia. Saputo questo