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VIII.
Poi che infine del VII capitolo ha trattato l’autore delli iracondiosi, in questo ottavo capitolo intende trattare delli arroganti e superbi; e punisce quelli in lo pantano di Stigia ma più verso lo mezzo che non sono puniti li iracondiosi, tutti infangati a modo di porci e pieni di puzza e di vituperio. E mette che per quella palude è una navicella, la quale porta l’anime alla città di Dite, che è città dello inferno; e per nocchiero è uno ch’elli apella Flegias, quasi a dire flagellatore, lo quale quando vide Dante e Virgilio, credette ch’elli fosseno anime dannate, e venne per portarli giuso; sichè quando fu alla riva, entrono questi in quel navilio e così andonno alla città. Vero è, come apparirà nel testo, ebbeno intoppato un fiorentino, lo qual fu nel mondo superbo 1ed arrogante. Poi seguendo suo poema mostra che le mura di tal cittade pareano fósse; altro non vuol dire se non che la città è in circolo più basso e più vicino del centro. E per le grandi fiamme di fuochi che vi sono dentro, per metafora vi pone torri come hanno le chiese de’saracini, ch’hanno nome meschite. Poi tocca della quantità delli spiriti inimici, li quali stanno suso le porti aspettando le anime malnate; e soggiunge che si amiravano d’ello perchè non era ancora morto. Infine pone come non volleno far grazia a Virgilio che senza tenzone potesse entrare nella città, per la qual cosa covertamente se ne turbò Virgilio. Circa le quali cose è da notare che questa torre che pone Dante in lo principio di questo capitolo con quelle due fiamme di sopra, hae per allegoria a significare lo vizio della arroganzia, del qual nascenno quelle due maniere d’ira che sono sopradette. Quel pantano che sì li appena, hae a significare che si come volseno sogiogare altri indebita ed irragionevolmente, così sono subiugati e puniti da dispettosa e fetida cosa, com’è loto over fango. Quel Flegias che è si veloce e corrente galeotto, hae per allegorìa a significare lo desiderio dell’arrogante, lo quale è così pronto ad adirarsi ed appetere vendetta. La città, la quale è murata, hae a denotare che quelli, che entro vi sono posti, sono costretti in tal modo che mai non v’è rimedio a poterne uscire fuori: sichè sono imprigionati dentro da quelle mura.
- ↑ Ecco alcune differenze di Codici; Leggiadro Vind. ― Legiatro, L. XC ll5 Bizzarro, il Ricc. lo ho corretto col L. XC, 121 che mi parve più giusto.