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180 | INFERNO. — Canto VII. Verso 110 a 130 |
Vidi genti fangose in quel pantano, 110
Ignude tutte e con sembiante offeso.
Questi si percotean, non pur con mano,
Ma con la testa e col petto e co’ piedi,
Troncandosi coi denti a brano a brano.
Lo buon Maestro disse: Figlio, or vedi 115
L’anime di color cui vinse l’ira:
Ed anche vo’ che tu per certo credi ,
Che sotto l’acqua ha gente che sospira,
E l’anno pullular quest’acqua al summo,
Come l'occhio ti dice u’che s’aggira. 120
Fitti nel limo dicon: Tristi fummo
Nell’aer dolce che dal sol s’allegra,
Portando dentro accidioso fummo:
Or ci attristiam nella belletta negra.
Quest’inno si gorgoglian nella strozza, 125
Che dir nol posson con parola integra.
Così girammo della lorda pozza
Grand’arco tra la ripa secca e il mezzo,
Con gli occhi volti a chi del fango ingozza:
Venimmo appiè d’una torre al dassezzo.
130
V. 115. Qui li fa noto Virgilio che questi così fatti funno quelli che al mondo funno vinti da ira; soggiungendo a sua notizia che anche sono genti1.sotto l'acqua nera, le quali per le loro percussioni, romori , e biastemmie faceano pullulare l’acqua, cioè gorgogliare, si che si potea imaginar lor movimento.
121. Dice quello ch’elli diceano, cioè: noi siemo fitti nel limo cioè nel pantano perochè fummo tristi nel mondo, in lo quale luce lo dolce sole che con li suoi raggi rallegra l'aiere: usammo accidioso fummo, cioè smisurato e oltraggioso volere; e questo è ira, sichè mo ci attristiamo. E gorgogliavano questi a tal modo che la dolente acqua non li lassava profferire la parola intera.
127. Compie suo capitolo mostrando che grande quantitade di gente erano quelli che aveano li gozzi, cioè le gorghe piene di tal puzza e fango. E infine terminò suo viaggio apresso una torre. Vero è che inanzi che fosseno ivi, come appar nel seguente capitolo, sì se ne avidono e fenno considerazione per alcuni segni che videno di quella.
- ↑ Questa voce Genti, fu restituita col testo di Dante a bene intendere
Nota. L’Ottimo ha di Lana chiosa quanti è dal v. 1 al 10; e dal 28 al 50.