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INFERNO. — Canto V. Verso 107 a 123159

     Caina attende chi vita ci spense.1
     Queste parole da lor ci fur porte.
Da che io intesi quelle anime offense
     Chinai 'l viso, e tanto il tenni basso, 110
     Finché il poeta mi disse: Che pense?
Quando risposi, cominciai: O lasso.
     Quanti dolci pensier, quanto disio
     Menò costoro al doloroso passo!
Poi mi rivolsi a loro, e parla’io, 115
     E cominciai: Francesca, i tuoi martiri
     A lagrimar mi fanno tristo e pio.
Ma dimmi: al tempo de’dolci sospiri,
     A che e come concedette amore,
     Che conosceste i dubbiosi desiri? 120
Ed ella a me: Nessun maggior dolore,
     Che ricordarsi del tempo felice
     Nella miseria; e ciò sa il tuo dottore.


  1. V. 107. Quantunque in Par. XII Vita stia per anima qui certo sta per vivere, o vita temporale. Al e. XII Inf. è Qual di retro move ciò ch’ei tocca. Così non soglion fare i pie de’morti, cioè de’morti noi corpo terrestro, e più innanzi Fu spento dal figliastro su nel mondo. Da quattro bolognesi ho quattro lezioni: BS di vita; HP o vita; BU da vita; BV in vita Ometto ogni particella poichè spegner vita è ucciderla, farla morire.


di loro. Or questa istoria si fu che Johanni ciotto1 figliuolo di messer Malatesta d’Arimino avea una sua mogliera, nome Francesca, e figliuola di messer Guido da Polenta di Ravenna; la quale Francesca giacea con Paolo fratello di suo marito ch’era suo cognato: correttane più volte dal suo marito non se ne castigava; infine trovolli in sul peccato, prese una spada, e conficolli insieme in tal modo che abracciati ad uno morirono.

109. Segue suo poema si come appare nel testo. 115. Qui vuole Dante dire lo modo di tale incesto sotto forma di domandagione. Ed in prima si riduole di suo affanno per renderli beni voli a rispondere: secondo, domanda espresso del modo. 121. Qui risponde e dice ch’a ricordarsi del tempo avventuroso e gaudioso in lo tempo della tristezza e miseria, si genera grandissimo dolore; ma per adempiere suo affetto e desiderio si li dirà:

  1. Ciotto vale zoppo; onde poi per corruzione di pronuncia e di scrittura si fece Janciotto. Il testo del Comm attribuito a Pietro Allighieri ritiene per vera questa istoria »dicit se vidisse Francischinam de Polenta, filiam domini Guidonis de Ravenna et uxoris Joannis Ciotti de Malatestis quam dictus Joannes interfecit et Paulum suum fratrem quia invenit eos ec. e così quello creduto di Jacopo suo fratello che appella l' uccisore Giani sciancato: il Comm. del Boccaccio afferma che mai non udì dire se non ciò che Dante scrisse di quel fatto, e che per ciò reputa finzione sopra un fattoo possibile. L’Anonimo R. 1016 conta per vero il fallo aggiungendo che Paolo fuggendo s’attaccò per una maglia del corretto a una