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INFERNO. — Canto V. Verso 67 a 90 | 157 |
Vidi Paris, Tristano; e più di mille
Ombre mostrommi, e nominolle, a dito,
Che amor di nostra vita dipartille.
Poscia ch’io ebbi il mio dottore udito 70
Nomar le donne antiche e i cavalieri,
Pietà mi vinse, e fui quasi smarrito.
Io cominciai: Poeta, volontieri
Parlerei a que’duo, che insieme vanno,
E paion sì al vento esser leggieri. 75
Ed egli a me: Vedrai; quando saranno
Più presso a noi; e tu allor li prega
Per quell'amor che i mena; e quei verranno.
Sì tosto come il vento a noi li piega,
Mossi la voce: O anime affannate, {{R|80}
Venite a noi parlar, s’altri noi niega.
Quali colombe dal disio chiamate,
Con l'ali aperte e ferme, al dolce nido
Volan per l'aer dal voler portate:
Cotali uscir della schiera ov’è Dido, 85
A noi venendo per l'aer maligno.
Sì forte fu r affettuoso grido.
O animal grazioso e benigno,
Che visitando vai per l'aer perso
Noi che tignemmo il mondo di sanguigno: 90
Aehilles montò suso un palafreno, e tutto disarmato fuor che dalla
spada, menò seco Antilogo figliuolo del re Nestore, e andò da quella
porta per vederla. Paris fu al tempio d’Apolline, ove dovea venire
Aehilles armato con venti compagni; e quando Achilles e Antilogo
vennero, sì li ancise. Vero è che, come pone lo troiano, quelli feceno
grandissima difesa, sichè per amor combattenno, e morti furono1.
V. 67. Questo Paris fu lo predetto.
Ivi. Fu Tristano quelli di chi si legge che infine mori per amore.
70. Segue suo poema come è chiaro nel testo.
82. Lui dà esemplo che si come li colombi con grande affezione vanno al suo nido da’suoi dolci figliuoli, così quelle due ombre uscirono dalla schiera per la voce loro messa per Dante. E dice ch’è la schiera dov’è Dido. Qui vuole nomare Dido perchè non la nominò di sopra, ma disse pure: L’altra è colei che s’acise amorosa E ruppe fede al cener di Sicheo.
88. Segue suo poema si come appare nel testo.
89. Cioè: aiere negro e senza luce.
90. Cioè: di lagrime e di sangue.
- ↑ Dalle parole Uscendo un di fuora fino a quest’ultimo, mi servii del R. e del Laur. XC. 1-21. Nella stampa son dodici linee meno chiare, e meno espressive.