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156 INFERNO. — Canto V. Verso 66


Che con amore al fine combatteo.





e credendo che fusse femina sì lo mise a stare con Deidamia sua figliuola: ed c’ebbe a fare con essa carnalmente. Or in processo di tempo fu ditto per alcuni augurii, overo indivinatori, a Greci ch’elli non potrebbono conquistare Troia se inanzi elli non avessono con loro Achille, lo quale era fortissimo e valente uomo, e vedeano ch’elli era ascosto in una isola in abito di femina. Li Greci udito questo si misono a volerlo cercare, e fenno in questo modo: ch’elli commisono ad Ulisses ed a Diomedes, ch’erano due grandi gentili uomini, in forma di mercatanti andassono cercandolo per l’isole del mare e portassono merciarìa da uomini e da femine, e in ciascuno luogo ch’elli presumessono ch’elli potesse essere, lie mostrassono queste sue merciarìe, e quando vedessero che alcuna femina prendesse o toccasse cosa che appartenesse a cavaliere come spade, isproni, coltelli da ferire o lancia, e non cose che apartenessono a femina, fossero certi che quello era Achille: poscia trovato lui facessono comandamento a quella signorìa, dove lo trovassero, da parte del re e dello esercito di Greci, che a loro fosse dato. Questi Diomedes ed Ulisses, tolta tale commissione, preseno a fare la detta cerca, e più isole cerconno finché funno all’isola dov’elli era. Come funno dismontati de’suoi navili novella andò per l’isola: due mercatanti sono giunti in porto, li quali hanno di diverse maniere di gioie e merciarìe. Udito questo la figliuola del re mandò per essi. Questi andonno là e portonno tutte sue merciarìe e gioie. Or quelle damigelle, ch’erano lìe, toccavano e cercavano di quelle cose, chi trecciera, chi ghirlanda, chi cintura e chi specchio e pure cose feminili. Achille guardava spade e coltelli e metteasi scudi a collo, missidava 1 sproni e pure tramutava cose ch’apartenevano a cavalieri. Questi aveduti del fatto dissono insieme: questi è esso. Poi dissono a lui: tu sei Achille; ed elli noi seppe negare. Fatto costoro allegrezza grande, fenno comandamento al re2 sì che l’ebbono e menònlo all’oste. Lo quale Achilles ad una scaramuccia uccise Ettor figliuolo di Priamo re di Troia e fratello di Paris e di Polissena. Uscendo un dì fuor di Troia Polissena e gran gente de’ Troiani a far onore al corpo d’Ettor, imperocché quel die era uno anno che era stato morto, ed essendo tregua di tre mesi tra li Troiani e li Greci, Achilles andò a veder quel pianto, e veggendo Polissena così bella innamorò di lei: alla fine mandolle certi messi. Paris, e la reina Ecuba madre d’Ettor, saputo tale innamoramento, mandolli a dire s’ello la volea per mogliera ch’ello glie la darebbe; e se ello la volea vedere venisse da cotal porta.

  1. Il M e il Laur. XC, 115 e 121 hanno toccava. Missidare, messedare vale mescolare, confondere mettendo sossopra. Il Rice, non ha ben chiaro.
  2. Licomede, comandandogli da parte dello imperadore de’ Greci, e di tutta l’oste, ch’ello gliel dovesse dare, ed elio gliel diede: e menòlo allo stante a questo oste. Fece Achille grande maraviglie d’armi e ancise etc (Laur. XC. 121). Non è a tener broncio degli errori storici; ma della lingua.