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152 | INFERNO. — Canto V. Verso 16 a 27 |
O tu, che vieni al doloroso ospizio,
Gridò Minos a me, quando mi vide,
Lasciando l’atto di cotanto uffizio,
Guarda com’entri, e di cui tu ti fide:
Non t’inganni l’ampiezza dell’intrare. 20
E il duca mio a lui: perchè pur gride?
Non impedir lo suo fatale andare:
Vuolsi così colà, dove si puote
Ciò che si vuole, e più non dimandare.
Ora incomincian le dolenti note 25
A farmisi sentire: or son venuto
Là dove molto pianto mi percote.
V. 16. O tu, che vieni al doloroso ospizio. Queste sono tutte parole
poetiche mostrando come grazia lo conduca in quello viaggio.
25. Qui tocca la pena e l’essere di quelle anime che si sono punite, e dice ode dolenti note, cioè pianto: e soggiunge che lì è grande oscuritade. Lo qual sonito ello esemplifica al combattere dell’onde del mare quando sono mosse da venti contrarii, e dice la bufera quasi l’usanza infernale, la quale mai non resta; dice che menava l’anime rivoltando e spingendo l’ una nell’altra e per tal modo le molestava e quando s’incontravano, cioè quando giungeano l’una l’altra a spingersi, gridavano e in le loro parole profferivano biastemmia averso la divina virtude. E dà esemplo a tale movimento, e dice, che sicome li stornelli al tempo freddo fanno grande sciame e schiera piena, cioè folta e larga, cioè grande quantità, così quel vento portava li spiriti, li quali pecconno nel mondo in lussuria, e che sottomiseno la ragione, cioè lo regere virtudioso, che è ragion nell’uomo, al talento, cioè alla concupiscenzia carnale. E soggiunge che questo vento li mena per tutte le
dimensioni, cioè dinanzi e di drieto, di giuso, di suso, a destra
mano e a sinistra, sicché per tutte parti ricevono l’una dall’altra
percussione, che apresso hanno manca e mozza sua speranza, non solamente li si nega a dovere essere minore pena, ma se gli tronca nel posare: circa la quale pena è da notare cinque cose.
Prima che ’l movimento è contra grado, lo. quale si oppone alla delettazione della lussuria.
Secondo che ’l suo movimento è inonesto, violento e senza ordine, lo quale s’oppone alla volontà del lussuriare, la quale trascende la meta dell’onestà e della ragione.
Terzo che ’l suo movimento è con cecità di mente, la quale non si può prevedere alle percosse che insieme si danno: sicome dice Agostino: in opere luxuria tota ratio absorbetur; ed è di quelli bestiali; lo quale opposito ha a sottomettere la ragione al talento.
Lo quarto che la voglia del lussuriare è quasi disperazione di questo mondo e dell’altro, che per lussuriare li uomini si mettono a pericolo di morte; e per opposito hanno in questo suo movimento