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132 INFERNO. — Canto III. Verso 61 a 70

Incontanente intesi, e certo fui,
     Che quest’era la setta dei cattivi,
     A Dio spiacenti ed a’ nemici sui.
Questi sciaurati, che mai non fur vivi,
     Erano ignudi e stimolati molto 65
     Da mosconi e da vespe ch’erano ivi.
Elle rigavan lor di sangue il volto,
     Che mischiato di lagrime, a’ lor piedi,
     Da fastidiosi vermi era ricolto.
E poi che a riguardare oltre mi diedi, 70




che elli sen tenevano impacciati; pensonsi di farli opinione che elli non fusse sufficiente a tale offìzio. Ed ogni volta ch’elli erano in concistoro, e fusseno a ragionare d’alcune cose, sì li dicevano: padre santo, tu vedi a che stato è il mondo, tu vedi che tal cosa si conviene fare per mantenere la ragione della Chiesa: la ragione dico le giuste ricchezze mondane acquistate, usurpate e tolte dallo imperio al tempo della sua vacazione: a te bisogna tènere cotal via e cotal modo, e tuttavia mostrando li modi contra Dio e contra ragione. E costui veggendosi in cotale laberinto, pensò di rifiutare: ma la coscienza li rimordea, pensando che lassava la Chiesa senza sposo. Infine veggendo costoro che nol poteano volgere per sue parole, pensonno di volere farli credere che a Dio piacesse lo suo rifiuto. E ingegnonno certi cannoni, li quali rispondeano nella sua camera, e per quelli li parlavano di notte, dicendo com’elli erano angeli da Dio messi; e che nel conspetto di Dio era ch’elli non era sufficiente a tanto offìzio, e però ch’elli dovesse rifiutare. Questo udito per più notti e da diverse ore, come seppono fare quelli, che a ciò continuo pensavano, mise in cuore, credendo sè insufficiente essere e cattivo, di rifiutare; e così fece.

V. 61. Segue lo suo poema narrando com’era la setta de’ cattivi, li quali non solo dispiacciono a Dio, ma alli amici suoi 1. E questo dice perchè comunemente se questi prelati vogliono piacere alli amici suoi, elli convegnono fare di quello che dispiace a Dio, come tòrre la parte de’ poveri e darla alli amici, ma li sopradetti cattivi dispiaceno a Dio e alli amici suoi: imperò che non servono a Dio nè agli amici di lor medesimi.

64. Dice che mai non furono vivi, perchè colui è vivo che lassa drieto a sè buona fama; questi non lassonno, ergo etc. E soggiunge ch’erano stimolati da mosche e da vespe, che li teneano continuo in esercizio, li quali animaletti li penavano, come appare nel testo.

69. Non vuol altro dire che da compagnìa vituperosa.

70. Nota che qui si fa menzione d’uno fiume, lo quale elli appella Achironte, e questo per allegorìa significa la delettazione carnale, la quale è principio a tutti i vizii, sichè convenevole fue a

  1. Qui intende gli amici proprii di essi cattivi: e ne spiega la glossa.