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INFERNO. - Canto III. Verso 48 a 60 | 131 |
Che invidiosi son d’ogni altra sorte.
Fama di loro il mondo esser non lassa,
Misericordia e giustizia gli sdegna.50
Non ragioniam di lor, ma guarda e passa.
Ed io, che riguardai, vidi un’insegna,
Che girando correva tanto ratta.
Che d’ogni posa mi pareva indegna.
E dietro le venia sì lunga tratta55
Di gente, ch’i’ non avrei mai creduto,
Che tanta morte n’avesse disfatta.1
Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto,
Vidi e conobbi l’ombra di colui1
Che fece per viltate il gran rifiuto.60
- ↑ 1,0 1,1 v 59. Così la Vind., R. e la glossa L'e poi vale eziandìo, e sta bene col riconosciuto. Concordano a ciò BS, BP, BU, BV, il marciano LII, e IX, 339, il Cortonese molto antico e il Di-Bagno
V. 49. Mostra che ’l mondo temporale li dispregia, che non vuole che in esso sia memoria di loro.
50. Gli sdegna. Mostra che similemente lo mondo spirituale tiene contra essi simile norma.
51. Veduto che questi due mondi la dispregiano e pongonli silenzio, vuole Virgilio simile ponere alla presente Comedia silenzio d’essi. Ma a ciò che la cattivitade di quelli non inducesse imperfezione all’ordine mondano, è convenevole che alquanto se ne ragioni, a ciò che si possa cognoscere che tal condizione è, e però dice: ma guarda e passa.
52. Or qui vuole Dante mostrare lo esercizio in che stanno queste cotali anime cattive per opposito a sua disposizione mondana. E dice che ne vide venire drieto a una insegna tanta quantitade che li parve impossibile a sua credenza. E dice che si credea che, dachè il mondo si cominciò, tante persone non fusseno morte tra buone e rie. E dice che andavano sì ratte, cioè sì correnti, affannate, che ogni posamento a quella corsa era indegno; quasi a dire ch’erano in velocissimo moto.
58. Dopo più ch’ello ne conoscette in quella turma, fa menzione d’uno lo quale è notevile al mondo. E nota che qui Dante per benivolenza c’hae a’ mondani, acciò che meglio si sottraggano da’ vizii ed adovrino virtude, dà per esemplo persona notevile, acciò perchè per ignoranzia di non cognoscere la persona esemplificata, fosse ignorato il suo parlare.
59. Costui fu fra Piero Morone, lo quale fue eletto papa, ed ebbe nome papa Celestino. Or la condizione di costui era, che inanzi che ’l fusse papa, ello era frate di grande penitenzia e di stretta vita; fu per li cardinali eletto papa. Questi essendo in tale offizio, esaudiva li poveri cherici, sdegnava le baratterìe e simonìe di corte, non si guadagnava li cardinali per avogarìe, nò per grazie, sì