Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
130 | INFERNO. - Canto III. Verso 30 a 47 |
Come la rena quando aturbo spira.130
Ed io, ch’avea d’error la testa cinta,
Dissi: Maestro, che è quel ch’i’ odo?
E che gent’è, che par nel duol sì vinta?
Ed egli a me: Questo misero modo
Tengon l’anime triste di coloro,35
Che visser senza infamia e senza lodo.
Mischiate sono a quel cattivo coro
Degli angeli che non furon ribelli.
Nè fur fedeli a Dio, ma per sè foro.
Cacciârli i Ciel per non esser men belli:240
Nè lo profondo inferno gli riceve,
Che alcuna gloria i rei arebbon d’elli.
Ed io: Maestro, che è tanto greve
A lor, che lamentar gli fa sì forte?
Rispose: Dicerolti molto breve.45
Questi non hanno speranza di morte,
E la lor cieca vita è tanto bassa,
- ↑ v. 30. Tutti ingannaronsi. Il Commento rischiara. Stanno col laneo il Landiano e i due Codici interi dell’Università bolognese.
- ↑ v. 40. Rimetto Cacciârli dove tanti il fugarono; e il Witte sbaglia col Caccianli, perchè già erano cacciati. Arebbon del v. 42 è del Cod. perugino; Così il tanta morte del 57.
sione; e molte volte sì in terra come in mare ha levato in aiere e persone ed altre cose, e portate molto alte; sì che esemplificando vuole dire Dante: sono suoni di grande spavento e paura 1.
V. 31. Segue lo poema mostrando come ammirava. Ed è da sapere che in tutti i luoghi là dove Dante mostra admirazione, si è dubbio o titolo di questione.
34. Qui risponde Virgilio, e dice che tale condizione hanno le anime di coloro che furono al mondo senza fama e persone di trista vita, alli quali non pur si segue tale pena, ma eziandìo non se li segue lode nè fama alcuna. E soggiunge che con questi cotali sono li angeli, li quali nè fedeli fanno a Dio nè ribelli; e perciò che furono di nessuno valore, nè gloria hanno nè pena, ma lamentansi.
43. Tocca la cagione del suo lamento che è perchè non hanno speranza di morte, cioè che sanno che non denno mai mutare stato, e sanno ch’elli sono a tal condizione e sì bassa che non è altra più cattiva; ed è sì trista ch’ella ha invidia a tutte l’altre sorte, cioè condizioni, simili alla miseria mondana, la qual cosa ella sola non ha invidia, chè tutte l’altre cose sono invidiate ma non essa.
- ↑ Altri Codici hanno e pagoroso, paguro, e paurosa, e di gran pavento. Io ho corretto col Codice Laurenziano, Pluleo XL. 26.