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122 | INFERNO. — Canto II. Verso 60 a 75 |
E durerà quanto il mondo lontana.*60
L’amico mio, e non della ventura,
Nella diserta piaggia è impedito
Sì nel cammin, che volto è per paura:
E temo che non sia già sì smarrito,
Ch’ io mi sia tardi al soccorso levata, 65
Per quel ch’io ho di lui nel Cielo udito.
Or muovi, e con la tua parola ornata,
E con ciò che ha mestieri al suo campare,
L’aiuta sì, ch’io ne sia consolata.
Io son Beatrice, che ti faccio andare: 70
Vegno di loco, ove tornar disio:
Amor mi mosse, che mi fa parlare.
Quando sarò dinanzi al Signor mio,
Di te mi loderò sovente a lui.
Tacette allora, e poi comincia’io: 75
V. 60. La Crusca, il Patavino 316 e molti fra cui Foscolo, Tommaseo e Witte tennero Moto; altri molti fra cui il Lombardi e il Monti colla Nidobeatina, il Commento del Lana stampato dal Vindelino (che prese un testo di Dante col moto) il R. testo e commento, i tre codici dell’Archiginnasio di Bologna, il BV, quel di Bagno, il Cavriani, il parmigiano del 1373 hanno mondo. La voce lontana sta per lunga; e poichè Dante ha detto La cui fama dura nel mondo, sta bene che dica durerà quanto il mondo medesimo. Il Laur. XL, 7 al testo moto pose commento: durerà sempre che ’l secolo sarae.
ornata. La seconda cosa si è la fragilitade e fievolezza della umana specie, che per leggiera e poca cosa si distolle dal buono proponimento e lassasi ruinare in vizii ed in obscuritade; alla quale per opposito chi vuol contristare, dee avere virtude di fortitudine. La terza cosa è l’aiutorio e soccorso, lo quale non conviene essere tardo. Circa lo quale bisogna sollecitudine e continuanza a ritenere si l’amistade di quello che dee soccorrere, cioè Cristo benedetto, ch’elli non tardi a soccorrere, imperocchè egli è datore di tutte le
grazie e soccorsi.
V. 70. Qui dice Beatrice chi ella è, e ’l merito ch’ella li farà del servigio ch’ella li domanda, cioè che si loderà a Dio di lui; la quale allegoria hae a significare grande lode al volume di Virgilio, se per esso si possa più venire a teologia ed a divinità.
75. Segue suo poema recitando la cortese risposta che fè’ Virgilio a Beatrice, e dice: O donna di virtù, sola per cui, la quale fae accedere allo intelletto umano ogni contento che è contenuto da quel cielo, ch’ha minori li cerchi suoi, cioè dal cielo della luna, lo quale è lo primo cielo, in fra il quale sono li quattro elementi e li animali sensitivi e vegetativi, come sono gli alberi e gli altri animali ch’hanno i sensi; quasi a dire: tu demostri e fai noto allo intelletto umano quello che per altre scienzie è ascosto, che filosofia non tratta nè giunge per modo di fede nè per revelazione delle divine cose.