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c a n t o    ii. 55

82Ma dimmi la cagion, che non ti guardi
     Dello scender qua giù in questo centro,
     Dall’ampio loco, ove tornar tu ardi.
85Da che tu vuo’ saper cotanto a dentro,
     Dirotti brievemente, mi rispose,
     Per ch’io non temo di venir qua entro.
88Temer si dee di sole quelle cose,
     Ch’ànno potenza di far altrui male;
     Dell’altre no: chè non son paurose.
91Io son fatta da Dio, sua mercè, tale,
     Che la vostra miseria non mi tange,
     E fiamma d’esto incendio non m’assale.
94Donna è gentil nel Ciel, che si compiange
     Di questo impedimento, ov’io ti mando,
     Sì che duro giudicio lassù frange.
97Questa chiese Lucia in suo dimando,
     E disse: Or à bisogno il tuo fedele
     Di te, et io a te lo raccomando.
100Lucia, nimica di ciascun crudele,
     Si mosse, e venne al loco dov’io era,
     Che mi sedea con l’antica Rachele;
103Disse: Beatrice, loda di Dio vera,
     Che non soccorri quei, che t’amò tanto,
     Ch’uscì per te della volgare schiera?
106Non odi tu la pieta del suo pianto?
     Non vedi tu la morte, che il combatte
     Su la fiumana, ove il mar non à vanto?1
109Al mondo non fur mai persone ratte
     A far lor pro, o a fuggir lor danno,2
     Com’io, dopo cotai parole fatte,

  1. v. 108. C. M. onde il mar.
  2. v. 110. C. M. nè a fuggir.