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c a n t o    ii. 53

22La quale e il quale, a voler dir lo vero,
     Fu stabilito per lo loco santo,
     U’ siede il Successor del maggior Piero.
25Per questa andata, onde li dai tu vanto,
     Intese cose, che furon cagione
     Di sua vittoria, e del papale ammanto.
28Andovvi poi lo Vaso d’elezione,
     Per recarne conforto a quella fede,
     Che è principio alla via di salvazione.
31Ma io, perché venirvi, o chi ’l concede?
     Io non Enea, io non Paulo sono:
     Me degno a ciò nè io, nè altri il crede.1
34Perchè se del venire io m’abbandono,
     Temo che la venuta non sia folle:
     Se’ savio, intendi mei, ch’io non ragiono.
37E quale è quei, che disvuol ciò che volle,
     E per nuovo pensier cangia proposta,
     Sì che dal cominciar tutto si tolle;
40Tal mi fec’io in quella oscura costa:
     Che a ciò pensando, consumai la impresa,2
     Che fu nel cominciar cotanto tosta.
43Se io ò ben la tua parola intesa,
     Rispose del magnanimo quell’ombra,
     L’anima tua è da viltate offesa,
46La qual molte fiate l’uomo ingombra,
     Sì che d’onrata impresa lo rivolve,
     Come falso veder bestia, quand’ombra.
49Da questa tema a ciò che tu ti solve,
     Dirotti, perch’io venni, e quel che intesi,
     Nel primo punto, che di te mi dolve.3

  1. v. 33. C. M. Ne degno.
  2. v. 41. Per che pensando.
  3. v. 51. Dolve, voce primitiva, derivata dal latino doluit e dolvit. E.