22La quale e il quale, a voler dir lo vero,
23Fu stabilito per lo loco santo,
24U’ siede il Successor del maggior Piero.
25Per questa andata, onde li dai tu vanto,
26Intese cose, che furon cagione
27Di sua vittoria, e del papale ammanto.
28Andovvi poi lo Vaso d’elezione,
29Per recarne conforto a quella fede,
30Che è principio alla via di salvazione.
31Ma io, perché venirvi, o chi ’l concede?
32Io non Enea, io non Paulo sono:
33Me degno a ciò nè io, nè altri il crede.1
34Perchè se del venire io m’abbandono,
35Temo che la venuta non sia folle:
36Se’ savio, intendi mei, ch’io non ragiono.
37E quale è quei, che disvuol ciò che volle,
38E per nuovo pensier cangia proposta,
39Sì che dal cominciar tutto si tolle;
40Tal mi fec’io in quella oscura costa:
41Che a ciò pensando, consumai la impresa,2
42Che fu nel cominciar cotanto tosta.
43Se io ò ben la tua parola intesa,
44Rispose del magnanimo quell’ombra,
45L’anima tua è da viltate offesa,
46La qual molte fiate l’uomo ingombra,
47Sì che d’onrata impresa lo rivolve,
48Come falso veder bestia, quand’ombra.
49Da questa tema a ciò che tu ti solve,
50Dirotti, perch’io venni, e quel che intesi,
51Nel primo punto, che di te mi dolve.3
- ↑ v. 33. C. M. Ne degno.
- ↑ v. 41. Per che pensando.
- ↑ v. 51. Dolve, voce primitiva, derivata dal latino doluit e dolvit. E.