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[v. 127-139] | c o m m e n t o | 863 |
che fosse Virgilio, quando disse le predette parole; et ancora in quanto dice: Quella che par di là; ove intende del nostro emisperio.
C. XXXIV — v. 127-139. In questi quattro ternari et uno verso l’autore nostro dimostra la sua tornata dell’inferno, descrivendo in prima lo luogo, e poi aggiungendo lo modo del tornare; e dice prima così: Luogo è là giù; cioè di là dal centro, da Belzebub remoto; cioè da Lucifero, che è chiamato Belzebub; cioè lo idio delle mosche: imperò che, quando si facea sacrifizio al primo idolo, per lo sangue le mosche vi correano e montavano addosso all’idolo che si chiama Belo, e Zebub s’interpetra mosca; sì che era detto idio delle mosche. E perchè nell’idoli parlavano li demoni, però piacque all’autore chiamare lo Lucifero Belzebub. Tanto quanto la tomba si distende; questa tomba è il luogo voto, che l’autore finge essere intorno a Lucifero, lo quale è lo nono cerchio che di sopra chiamò pozzo, che era voto infino al fondo quivi, ove à posto i traditori; et in su la ripa d’intorno à posti li giganti fitti nella ghiaccia; e così figura che sia in tondo, voto dall’altro lato del centro, e che ritornando al mondo, elli si scostò da Lucifero et andò alto su per la tomba infino alla superficie dell’altro emisperio. E quindi Virgilio et elli uscirono della concavità della terra, salvi1 per quel cammino oscuro inverso l’altro emisperio tanto, che vennono ad uno buco tondo; unde uscirono, tornando nel mondo, dalla parte dell’altro emisperio, in una isola che finge essere circundata dal mare oceano, nella quale finge essere uno monte; intorno al quale monte finge l’autore il purgatorio essere di grado in grado, come si mosterrà nella seguente cantica, et in cima del monte essere lo paradiso delitiarum. E però descrivendo lo luogo, dice che quel luogo onde andarono è tanto di lunge del Lucifero, quanto era lo giro del pozzo, Che; cioè del quale luogo, non per vista: imperò che non si può vedere per lo buiore che v’è; ma per suono è noto; cioè che si conoscea al suono dell’acqua; ma non perchè si vedesse, D’un ruscelletto: è quello che l’autore à finto di sopra nel canto xiv, che venga del mondo e vada nell’inferno e crei di sè Acheronte e Stige e Flegeton, e poi discenda giuso al centro della terra e faccia Cocito, che s’agghiaccia per li venti dell’alie dello Lucifero, et entri nel fondo del pozzo di questo luogo, che l’autore descrive, che; cioè il quale ruscelletto, quivi; cioè in quello fondo, discende; venendo di su dal mondo, e dalli altri fiumi infernali ch’elli crea, Per la buca d’un sasso, ch’egli à roso: ora pone lo luogo, onde questo roscelletto entra nel pozzo al centro della terra, Col corso che lì; cioè quivi, a quel sasso, avvolge; questo ruscelletto che descende, girandosi per li giri e cerchi dell’infer-
- ↑ C. M. della terra, saliti per quel cammino