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i n f e r n o xxxiv. |
[v. 106-126] |
giù dal Cielo; quando fu straboccato1 per la sua superbia: finge l’autore, per fare la sua poesi verisimile, che fosse straboccato1
dell’altro emisperio, E la terra, che pria di qua si sporse; cioè la terra che apparia di qua di fuori dell’acqua; e dice di qua, parlando di quello emisperio nel quale finge che allora fosse, che è contrario al nostro, Per paura di lui; cioè del Lucifero, fe del mar velo; cioè del mare oceano coprimento di sè, appiattandosi sotto lui. Et è qui da notare che l’autore finge che la terra apparisse nella creazione del mondo fuori dell’oceano dell’altro emisperio, come ora fa di questo; e che poi, quando cadde lo Lucifero da quella parte, ella s’appiattasse sotto il mare et approssimandosi al nostro emisperio; e non era tanto quello ch’era sporto di là fuori del mare, che avesse altrettanto sporto di qua: imperò che v’era la grande altezza dell’acqua; ma approssimossi alla superficie dell’acqua del nostro emisperio. Et a questo modo la spera della terra sarebbe mutata e fatta più su, e non sarebbe lo centro suo centro di tutte le spere celesti, che non n’è vero; ma elli disse questo poeticamente, fingendo per fare verisimile la sua poesia: e come prima di qua non era, se non acqua; ora così di là non è se non acqua, e così si tiene per li scentifichi, benchè l’autore finga poeticamente che ancora la terra rifuggisse e ricorresse all’altro emisperio e facesse un’isolo, ove finge essere lo monte di purgatorio, e ’l paradiso delitiarum. E venne all’emisperio nostro; cioè tutta la spera della terra si fe in verso noi, dice Virgilio a Dante, sì che quivi v’è primavera, di lungi dal nostro emisperio, e molto sotto l’acqua venne presso alla superficie dell’acqua, e forse, Per fuggir lui; cioè lo Lucifero, lasciò qui il luogo voto; ora rende ragione, perchè lo luogo dell’inferno ov’egli era, era vacuo, dicendo che la terra che era, ove ora è lo Lucifero, per fuggire lui andò su e lasciò lo luogo intorno al Lucifero vacuo; e fu tanta questa terra, ch’ella soprabondà2 l’acqua del mare e parve fuori del nostro emisperio tanta, quanta ella è; e questo sarebbe cagione, perchè tanto vacuo è nella terra, quanto finge l’autore che sia l’inferno che poeticamente à descritto; et ancora ricorse suso nell’altro emisperio, a fare l’isola e ’l monte del purgatorio, sopra lo quale finge essere il paradiso delitiarum. E fìnge l’autore questo, per fare verisimile la sua poesia; et in segno ch’egli fingesse, notantemente dice nel testo: e forse, Quella che par di là; cioè la superfìcie della terra, che si vede fuor dell’acqua dal nostro emisperio, e su ricorse; cioè e quella terra che ricorse nell’altro emisperio, che fa l’isola e il monte del purgatorio forse, per fuggire lo Lucifero, lasciò qui il luogo voto. E ben s’intende dell’altro emisperio, notando lo luogo ove finge l’autore
- ↑ 1,0 1,1 Altrim. — precipitato
- ↑ C. M. soprabondò